Il «discorso costruito» [1] della Tv per ragazzi
1. Tv dei ragazzi e tv per ragazzi
C’era una volta la Tv dei ragazzi, gloriosa fascia pomeridiana con indimenticabile monoscopio, dal 1954 al 1976, perfetto rispecchiamento degli intenti pedagogici della tv delle origini e in seguito icona forte dell’impostazione televisiva dell’era bernabeiana. C’erano i generi per adulti ridotti e organizzati per i piccoli, c’erano format studiati e appositamente creati[2] da autori illustri come Cino Tortorella o Gianni Munari, Gianni Rodari o Lele Luzzati o, più tardi, Bianca Pitzorno o Piumini. C’erano una volta spazi e tempi di fruizione ben delimitati e scanditi, la tv dei più piccini dalle 16,30[3] alle 17,30 e quella degli scolari dalle 17,30 alle 18,30, ad accompagnare merende di gruppo e chiacchiere fra coetanei, con un palinsesto organizzato per giorni della settimana fino al clou del programma del sabato pomeriggio come il primo quiz-protocontenitore di lunga durata con giochi a squadre e ospiti[4] Chissà chi lo sa? (che attraverso lo stimolo dello spirito di competizione, per tredici anni dal 1961 al 1974, ha contribuito sostenere l’interesse dei ragazzi nei confronti della cosiddetta “cultura generale”), fino a Disney Club alla soglia degli anni ‘90. C’erano anche programmi per bambini (La rosa dei venti 1954, Costruire è facile 1956) e programmi per bambine (Anni verdi 1957, Per te Elisabetta 1966), stereotipati ma ben lontani dagli eccessi quanto a tratti relativi all' identità di genere di serie quali Dragonball o di Winx. Tuttavia già da allora i bambini, esploratori del mondo per radicato statuto psicocognitivo, sconfinavano volentieri oltre lo spartiacque generazionalmente trasversale di Carosello verso fiction musicali come Gian Burrasca del 1964, o fiction “gialle” come Belfagor del 1965, Il tenente Sheridan del 1967, I racconti di padre Brown del 1970, Il segno del comando del 1971, Nero Wolf 1969 o, sul fronte della divulgazione, verso tutte le trasmissioni “scientifiche” del tempo. La lotta coi genitori per il dopo Carosello diventava allora sana voglia di oltrepassare limiti e confini. Col tempo gli sconfinamenti sono diventati sempre maggiori, l’offerta per ragazzi si è ampliata in modo esponenziale (dalle proposte delle reti berlusconiane con i contenitori farciti di pubblicità, fino ai venti canali satellitari dedicati) e la fruizione televisiva si è dilatata, con tempi di visione meno scanditi e spazi che incrementano un uso personale e non controllato del medium (la tv nella cameretta dei più piccoli). Inoltre, la trasformazione complessiva della neotv verso registri ludici (childlike tv) ha ampliato il fenomeno dell’esodo dei bambini dagli spazi e dalle trasmissioni a loro dedicate. Il periodo dal 1976 al 1986 è stato in questo senso importantissimo. Proprio dal 1976 la Tv dei ragazzi come fascia ben distinta di programmazione non esiste più, da quegli anni in poi Raidue, Raitre, Rete4 prima e Italiauno poi hanno frazionato l’offerta in una breve fascia mattutina, una fascia pomeridiana e una fascia preserale, assecondando un trend di mercato che vede la tv come babysitter per i momenti “difficili” della vita familiare: prima della scuola, dopo la scuola e prima di cena. Inoltre, la riforma della Rai e l’avvento delle tv private determinarono, sempre a partire da quella data, una temperie nuova anche nell’ambito delle trasmissioni per bambini. Da una parte ciò comportò la ripresa e il progressivo ampliamento della testualità del “contenitore pedagogico” cominciato con Giocagiò, dall’altra la produzione autonoma di fiction per bambini come la serie Love me Licia (1986 su Italia Uno), che prosegue in live action la fortunata serie di cartoni animati giapponese Kiss me Licia. Il programma contenitore si dirama ben presto in due filoni autonomi, uno che segue gli intenti pedagogici del già citato Giocagiò continua con Uoki-Toki di Donatella Ziliotto, (dal 1975 al 1977), trovando poi la sua migliore espressione nell’Albero azzurro (dal 1990, Raidue e Raiuno a oggi), programma completamente autoriale, una sorta di situation comedy per piccolissimi incentrata dapprima su tre personaggi[5] e nella La Melevisione (in onda dal 1999, Raitre)[6], che usa «il mondo fiabesco come filtro cognitivo e metafora della realtà[7]» Il secondo filone è invece più spettacolare e spensierato ed è composto da parti con un conduttore/ mediatore di contenuti e da cartoni animati. Un esempio era Tandem, in onda su Raidue dal 1982 al 1986, seguito da Big e Uno per tutti su Raiuno, Bim Bum Bam, in onda dal 1982 al 2001 su Italia Uno, e Ciao Ciao (in onda dal 1985 al 1998 su Retequattro). Tali programmi Mediaset godevano di una conduzione “mista”, ovvero presentatori affiancati dai pupazzi e proposero diverse serie di cartoni animati di successo, tra le quali ricordiamo Hello Spank, Mimì e la nazionale di pallavolo, Masters e i dominatori dell’universo[8] . In Dirodorlando (dal 1975) di Cino Tortorella e Guglielmo Zucconi si ritornava con formula rinnovata al prototipo del gioco a quiz per bambini, Chissà chi lo sa condotto da Febo Conti. Due squadre di ragazzi, guidati da Ettore Andenna, si sfidano su argomenti di cultura varia e prove di abilità dando vita a un modello di programma che sarà ripreso e ampliato nei contenuti e nelle strategie comunicative da Solletico (in onda su Raiuno dal 1994 al 2001) [9]. Proprio con Solletico si sperimenterà un contenitore per tweens (abbreviazione di between, ovvero quella delicata e complessa fascia d’età intermedia fra i sette e gli undici anni) sulla cui scorta si collocherà poi Disney Club: ritornano in studio i ragazzini che partecipano a giochi a squadra, e si mantiene un clima concitato e attivo per cominciare a far concorrenza ai contenuti dei videogames che in quel periodo entrano definitivamente nella dimensione sociocomunicativa dei ragazzini. Ancora attuale quanto osservava Caviezel 2004:«Venuta a mancare la grande motivazione pedagogica paleotelevisiva [...]lo spazio della “tv dei ragazzi” si allarga così tanto da sparire»[10]. Piuttosto che scomparire, in realtà, nel corso dell’ultimo triennio, come si accennava, l’offerta della tv per ragazzi è profondamente mutata a seguito della proliferazione di canali tematici offerti dalla tv satellitare e dal bouquet Sky, in continua trasformazione, con un primo modello basato su frammenti della durata media di 30 minuti, sistemati in fasce orarie fisse e un palinsesto sostanzialmente unico, ripetuto tutti i giorni[11].(Cartoon Network) e un secondo modello, più “generalista” e articolato per contenuti e moduli comunicativi (Disney Channel, Nickelodeon). Cartoon Network si caratterizza nel suo insieme per uno stile caratterizzato da un ritmo che Centorrino 2006 ha definito stroboscopico, con spot visivi, verbali e musicali che si susseguono continuamente, testualità musicale e visiva sincopata, spesso ellittica. Lo stile di parlato, in linea con tali caratteristiche, si mostra franto, veloce e ipercaratterizzato da un punto di vista espressivo, ricco di stile nominale, di periodi brevissimi, di forme onomatopeiche e fumettistiche, di idiomatismi a effetto. Disney Channel, invece, coniuga nuclei tematici ancorati alla tradizionale american way of life, con linguaggi televisivi chiari e articolati. Oggi sono presenti nel settore ragazzi venti canali più tre canali tematici stranieri (K2, Al Jazeera kids, Baraem) e la distribuzione dei contenuti subisce continui mutamenti[12]. In ogni caso la tv per i bambini è un caso a parte nella comunicazione veicolata dal medium televisivo. Non si tratta di un genere, né di un sottogenere, quanto piuttosto di un sistema articolato pluricodice orientato verso destinatari ideali e identificabili, anche se tale identificazione risulta sempre più complessa, considerati i problemi socioculturali relativi alle fasce d’età dei potenziali fruitori della programmazione televisiva per bambini[13]. Reti e produttori, infatti, continuano a creare una seppur ridotta programmazione per bambini e per ragazzi, e tuttavia bambini e ragazzi guardano anche, e spesso quasi esclusivamente, la tv per “grandi”, la quale è sovente così childlike (Farnè 2003) da risultare graditissima ai minori. Dal canto loro i “grandi” gradiscono largamente proprio generi tipici della tv per bambini come i cartoni animati, dotati di contenuti eterogenei, o i serials per “famiglie”. Non è tutto: nell’odierno sistema culturale che affonda le sue radici nella produzione tecnologica digitale (videogiochi, playstation), con le sue diramazioni televisive e informatiche, la comunicazione per bambini è veicolata da un intero sistema multimediale e commerciale interconnesso che si configura come reticolo di codici visivi, verbali, plurisensoriali spesso non facilmente decifrabili senza adeguati processi di mediazione e di negoziazione dei contenuti[14], con riflessi anche sul sistema linguistico in via di formazione. L'offerta del bouquet Sky, poi, crea prepotentemente nuove dinamiche di ricezione e di fruizione, nuovi modelli tematici, testuali e linguistici di riferimento. Si può inoltre affermare che i bambini oggi hanno sviluppato “anticorpi” nei confronti della tv[15]: usano il telecomando con cognizione di causa, si stancano presto della visione di flusso, alternano la tv coi videogiochi e le chat o i giochi sul web. Partendo da questa prospettiva, che si può definire cross-mediale[16], esaminare il parlato della tv dei ragazzi alla ricerca di specificità e di connotazioni di un input linguistico, fondamentale nella fascia d’età che vede un esponenziale processo di appropriazione della lingua da parte del bambino stesso, è dunque un fatto complesso, controverso e per certi versi progressivamente più sfuggente. In effetti, il parlato televisivo delle trasmissioni per l’infanzia, costruito dagli adulti a tavolino sulla base di idee piuttosto precise in merito a cosa possa e debba essere detto ai bambini, rappresenta una fetta consistente ma non certo esclusiva dell’input linguistico ricevuto dai bambini, tuttavia esso è ancora un nucleo importante nella formazione della loro competenza linguistica, pur con i limiti della ricezione dei messaggi televisivi di flusso, non negoziabili[17], con in più l'effetto disorientante dell' accumulo passivo di informazione[18]
In questa prospettiva bisogna distinguere tra programmi per l’infanzia calibrati sul target d’età dei bambini, “confezionati” in base a orientamenti pedagogici precisi e cartoni animati i quali non solo si indirizzano generalmente a un pubblico più indifferenziato, ma propongono una proporzione di componente iconica che spesso mette in secondo piano la componente verbale, pertanto il bambino bombardato da stimoli sensoriali ha notevoli difficoltà nel passaggio dalla fase di input a quella di intake in quanto non ha modo di mettere in atto l’essenziale processo di negoziazione. Se i programmi costruiti per i bambini della paleotv e della prima neotv mostravano un chiaro intento didattico-linguistico (strategie di evitamento di termini ritenuti dall’adulto che scrive il programma come troppo “elevati”, o troppo scurrili o di ripetizione stereotipata di moduli provenienti dal baby talk e inclinazione verso la tradizione letteraria per l’infanzia)[19], quelli di oggi strizzano l’occhio al giovanilese (per esempio la nuova edizione dell’Albero Azzurro) e si sforzano di far dimenticare che sono “per piccoli” concedendo, per esempio, minor spazio a tratti specifici del baby talk e alle strategie enunciative didascaliche come l'uso di perifrasi esplicative o di schemi parafrastici.
2.
Testualità e linguaggi della tv per ragazzi
Quale che sia lo specifico target d’età di riferimento, il parlato della televisione per bambini è uno dei «tragitti» e uno dei sistemi «di supporto all’apprendimento linguistico che aiuta il bambino ad attraversare la zona di sviluppo prossimale fino a conseguire il controllo completo e consapevole dell’uso del linguaggio»[20], che varia per tematiche e stilemi nel periodo considerato. Attraverso l’analisi di un corpus testuale differenziato sia per genere che per fasce d’età, si tenterà di fornire una caratterizzazione del parlato televisivo per bambini dal 1976 a oggi, sia in termini pragmalinguistici (quali i ritmi e le modalità di enunciazione adatti per funzionare da modello di lingua parlata con tempi di scansione lenti e reiterati, con largo uso di ridondanze, parafrasi, parole chiave, e con una progressione informativa accuratamente dosata per i più piccoli e concessioni al linguaggio giovanile corrente per i più grandi), sia in termini più strettamente linguistici di rapporto con la norma. Per le problematiche sociolinguistiche, invece, per esempio quella che riguarda il rapporto tra bambino e messaggio televisivo (anche pubblicitario) in relazione alla costruzione dell’identità di genere, si rimanda invece ai lavori di Flavia Ursini, Chiara Businaro e Silvia Santangelo 2005[21].Volendo tentare una descrizione tipologica dei programmi a partire dagli archetipi testuali, si potranno collocare le trasmissioni per bambini su un continuum ideale che si snoda tra un polo diegetico e polo mimetico. Sul polo diegetico si collocano le fiction tradizionali (I ragazzi di Padre Tobia 1968-72)) o musicali (Il giornalino di Gian Burrasca, 1964), quelle transcodificate dai cartoni (Love me Licia 1986) fino ai cartoni veri e propri, sempre più frequenti in diacronia. Sul polo mimetico, sempre meno praticato col decadere dell'interesse dell'audience nei confronti dei contenuti nozionistici o giornalistici e lo shift verso contenuti di infotainment, si collocano archetipi come Giramondo (1954) e Chissà chi lo sa (1961-73), Gt ragazzi (1999) e Screensaver (1999). Oggi l'offerta di programmi risulta composta in massima parte da format d’importazione e da cartoni animati a basso costo, con l’eccezione dei programmi già citati come L’Albero Azzurro, la Melevisione, È domenica papà, tutti targati Rai, o di alcuni programmi di Playhouse Disney sul satellite che hanno come presupposto un’accurata scrittura di partenza e contemplano anche la figura professionale dell’ “adattatore linguistico”[22]. Esistono quindi notevoli differenze testuali e linguistiche fra i singoli programmi per bambini e ragazzi, per esaminare i quali si è predisposta una griglia di analisi differenziata (Sardo 2004) con riferimento al destinatario del messaggio.
2.1. Il corpus
All’interno della realtà magmatica finora delineata non è stato facile trovare dei criteri per costruire il corpus. Era necessario tenere anzitutto in considerazione, in rapporto alla componente diacronica, l’audience, selezionando testi con un effettivo impatto modellizzante sul pubblico infantile[23]; in secondo luogo era necessario tener conto del duplice canale di trasmissione, quello in chiaro della tv generalista e quello satellitare in progressiva espansione. Era indispensabile, inoltre, selezionare trasmissioni rappresentative di generi testuali diversi, in base alla consapevolezza dell’odierna e progressiva ibridazione fra testi e codici espressivi. Per finire, bisognava individuare delle fasce d’età di riferimento, pur mantendo la consapevolezza del progressivo sconfinamento dell’utenza in territori non propri. Tenendo nella dovuta considerazione tutti questi fattori si sono operate scelte di metodo che potessero di volta in volta rendere conto dei vari aspetti della questione “tv e bambini”. Il corpus, articolato per tipologie testuali, comprende i programmi di intrattenimento per bambini (L’albero azzurro, la Melevisione, Bocconcini per un totale di 15 puntate da 25 minuti) e per ragazzi Disney Club e Art Attack per un totale di 6 puntate da 20 minuti), e l’informazione (Gt ragazzi e Screensaver per un totale di 12 puntate rispettivamente da 10 e 20 minuti) dedicata all’infanzia, la fiction [24] (Quelli dell’intervallo per un totale di 10 puntate da 25 minuti). Sempre sul versante diegetico, a complemento di un corpus così articolato e peculiare, si è presa in esame la macrotipologia testuale dei cartoni animati articolandola in due sottotipologie, di cui la prima va dai cartoons Disney all’anime boom e si estende nel periodo 1976-1988 (RAI /Puffi 1981-1982; Ape Maia 1979) e nel periodo 1990-2006 (MEDIASET / Power Rangers 1992; Pokemon 2000; RAI/ Winx Club 2004). La seconda spazia dalle co-produzioni europee all’offerta dei canali satellitari tematici, e si articola in due fasce cronologiche, una situata tra 1976 e 1989, con una serie di testi rappresentativi per l’emittenza pubblica (RAI: Lady Oscar 1982) e un’altra collocabile tra 1990-2006 (MEDIASET/ Simpson 1987-2006).
3. Intrattenimento per bambini e per ragazzi.
La tradizione dell'intrattenimento per bambini e per ragazzi segue da vicino le vicende della tv per adulti in relazione agli intenti comunicativi di base e alle tipologie testuali che esplicitavano tali intenti.
Il paese di Giocagiò, in onda su Raiuno dal 1968 al 1973, rappresenta l'archetipo più interessante di intrattenimento per bambini, mentre Chissà chi lo sa potrebbe essere considerato l'archetipo delle trasmissioni con mediatore di contenuti dedicate all'età scolare, con la sua componente competitiva (quiz e giochi a squadra) ed “esplorativa” (reportage, servizi giornalistici e interviste).
Giocagiò, creato al culmine della stagione “pedagogica” della paleotelevisione[25]. Prevedeva un conduttore/mediatore di contenuti (Marco Dané), rubriche di manualità, modellate su schemi anglosassoni della BBC, ma adattate al pubblico italiano, rubriche girate in esterni e giochi a squadre con i bambini in studio e fuori studio[26]: tutti moduli ripetuti sia dalle trasmissioni con contenuti mediati per la prima infanzia (da Uoki toki del 1975 e Albero Azzurro del 1990 su Raiuno , Melevisione del 1998 su Raitre). Dall'impianto del format di successo del sabato Chissà chi lo sa, ideato da Cino Tortorella e condotto da Febo Conti,derivano, invece, come si diceva, i programmi d'intrattenimento per l'età scolare[27], anche quelli in formato contenitore come Bim bum bam (Italia uno e Canale 5 dal 1982 al 2002) Ciao ciao (dal 1982 al 1989 su Retequattro e dal 1989 al 1992 su Italia 1), Tandem (su Raidue con Enza Sampò e Fabrizio Frizzi) e Solletico (dal 1994 su Raiuno), con un progressivo ampliamento della componente narrativa dei cartoni animati a scapito della componente mimetica dei contenuti didascalici mediati.
3.1. Intrattenimento per la prima infanzia
Le migliori trasmissioni per bambini in età prescolare tengono nella dovuta considerazione i bambini come elaboratori attivi e autonomi d’informazioni durante il processo di acquisizione linguistica[28], cercando di fornire un prodotto calibrato sulle esigenze di questa fascia d’età e mettendo in atto strategie comunicative in grado di superare il problema connesso alla comunicazione a distanza, che comporta un codice specifico da adattare alle specificità del medium. Programmi-contenitore con setting teatrale (come la Melevisione), o “naturale” o in esterni (come L’Albero Azzurro o il recente È domenica papà[29]), al cui interno trovano uno spazio limitato i cartoni animati, in linea con il taglio testuale del programma e con il target di riferimento, e rappresentano un antidoto efficace alla tv di flusso, fornendo, attraverso le figure dei conduttori - mediatori di contenuti, un input pragmatico e linguistico utile, ampio e differenziato.[30]
L’Albero Azzurro nasceva dal sincretismo d’azione tra un gruppo di autori per l’infanzia[31] e un gruppo di pedagogisti del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, guidati da Andrea Canevaro a partire dal 1991. Nucleo centrale della programmazione era il recupero di un forte impianto narrativo, fondamento di un rapporto tradizionale tra adulto e bambino, condotto sul filo della trasmissione dell’esperienza, con la messa in scena di un rapporto genitoriale tradizionale tra le due figure dei conduttori e Dodò, pupazzo che riproduce i tratti di un animale ormai estinto denominato dodo, e che simboleggia il bambino piccolo, impertinente curioso, mai sazio di storie.In tal modo si costruiva una testualità ben coesa e coerente, fondata su un dialogo semplice ma vivacizzata da una lingua che mima il parlato quotidiano con qualche concessione al baby talk nell’eccesso di diminutivi e di forme elative, ma non eccessivamente semplificata quanto a forme verbali e lessico. Il lessico risulta invece piuttosto ricco, non solo grazie anche all’inserimento di forme della tradizione poetica veicolate all’interno di canzoni e filastrocche nello spazio ad esse esplicitamente dedicato, ma anche grazie a un uso non piatto e banalizzante delle risorse del lessico comune:
S[32]: ti infilzo! ( 24/10/2003) sigle o nomi per esteso? Il criterio deve essere unifome perché negli altri esempi i nomi sono per esteso
D: e non possiamo tornare a casa perché quel citrullo ha rotto la barca (24/10/2003)
Nel segmento di trasmissione dedicato alla manualità è presente una buona componente di tecnicismi, sempre spiegati contestualmente col ricorso a forme perifrastiche o sinonimiche, secondo uno schema diafasico specifico di simili trasmissioni e adatto alla fase cognitiva del target:
EMPIRIO: ho costruito un desalinizzatore solare/ funziona così / nell’ampolla c’è acqua di mare/ sotto c’è lo specchio / lo specchio cosa fa? Riflette i raggi del sole/ i raggi del sole colpiranno l’ampolla e si scalderà anche l’acqua contenuta / l’acqua quando si scalda diventa vapore / il vapore va in alto e passa in questa serpentina/ nella serpentina/ a contatto con l’aria più fredda/ il vapore ritorna acqua / il sale è rimasto nell’altra parte/ così uscirà acqua dolce/ bene! (2/10/ 2002).
Gli idiomatismi e i nessi fraseologici non presentano frequenza molto alta, vale tuttavia la pena di segnalare qualche riformulazione di costrutti idiomatici come quella del più comune “avere le pigne in testa”.
GIGILLA: ma lo vedi che hai i pinoli al posto del cervello/ in quella testolina? (24/10/2003)
Molto diffuso il niente aggettivale in costrutti nominali coordinati e giustapposti come:
BARBARA: niente dinosauri/ niente orsacci cattivi / solo sogni d’oro per gli uomini delle caverne (30/1/2004)
Nella trasmissione grande importanza è sempre stata dedicata alle filastrocche e alle rime in genere, sono presenti quindi tutti gli artifici stilistico-retorici e un buon numero di forme letterarie tradizionali e di termini desueti.
Quanto ai tratti morfosintattici caratteristici del parlato, va osservato che molto frequente è l’uso dativale del gli al posto di loro, mentre non è mai attestato l’uso di gli al posto del pronome femminile, in linea con le tendenze del parlato più vicine alla norma.
G. Quelli si mettono a giocare a nascondino nelle foreste / sono fatti così / se volete farli uscire / gli dovete regalare un giocattolo (62/2004)
Parecchi sono i casi di uso del che polivalente, nelle accezioni funzionali di tipo temporale e causale.
B: una bella torcia /e la facciamo rossa rossa che sembri davvero fuoco (6/2/2004)
S: e adesso vai a prendere la palla che giochiamo in spiaggia / vai (24/10/2003)
I tempi verbali sono rispettati e aderenti alla norma anche se, soprattutto nella nuova serie 2006, è possibile riscontrare qualche concessione ai processi di semplificazione del sistema verbale attualmente in atto nell’italiano dell’uso medio. Ricorrenti gli usi polivalenti dell’imperfetto, in sostituzione del condizionale:
D: ma uffa / dai/ giochiamo! avevate detto che giocavamo / giochiamo (6/2/2004)
o in funzione ludica:
Fa: e va bene / allora giochiamo che andavamo sull’isola di Giocolonia / dove tutti pensano a giocare (6/2/2004)
Pochi gli esempi di presente al posto del futuro, anzi ci sono lunghe serie di futuri nei dialoghi
Fa:. ne farò certo a meno / farò vedere che sarò in grado di cavarmela da solo (14/5/04)
Il congiuntivo, come accade nelle altre scritture per l’infanzia[33], resiste bene nella scrittura della tv per bambini, e anche la sintassi non è troppo paratattica e semplificata, se consideriamo il discreto numero di subordinate di terzo grado, soprattutto nelle parti diegetiche.
Da un punto di vista tematico-stilistico, almeno fino al 2004, resiste la chiusura della puntata con la cosiddetta “morale della favola”
B: tutti noi abbiamo delle caratteristiche diverse uno dall’altro e queste caratteristiche che ogni tanto possono apparire come dei difetti / ma se noi le accettiamo / diventano dei pregi (17/10/2002)
Nell’ultima serie, invece, i criteri di costruzione testuale risultano profondamente cambiati. Si aggiungono tre giovani attori comici che interpretano ruoli diversi all’interno di miniserie esemplate sul modello di Zelig. C’è il trio dei gemelli Capataz, combinaguai ipercaratterizzati che, con le loro gag dovrebbero condurre a riflessioni positive anche se non sempre il contenuto pragmatico paradossale può non essere di immediata fruizione per l'età del target di riferimento.
Interessante è comunque, da un punto di vista strettamente linguistico l’uso estensivo dello stile nominale particolarmente efficace per azioni ripetute e concitate a ritmo di gag:
CAPATAZ 1: Tecnica di liberazione di un mucchio di soldi / da una cassaforte superblindata / scassinamento con pedatona / ohi/ ahi/ah/ah
CAPATAZ 2: fase due / Sfondamento dall’alto con sederata gigante/ ohi/ ahi/ah/ah
CAPATAZ 1: fase numero tre / scassinamento della serratura con infilamento del dito indice della mano destra / ohi/ ahi/ah/ah
Con l’uso estensivo della suffissazione in –mento, in linea con le strutture di certi cartoni d'azione come Pokemon e Power Rangers.
Ciò che contraddistingue La Melevisione, invece, è una testualità ardita giocata sull’immaginario favolistico tradizionale ma ipercaratterizzato e giocato in chiave comica, cui fa da sostegno un linguaggio peculiare, ricco, immaginifico, ironico, creativo. All'interno delle macrostruttura scenografica del bosco incantato, dove tutto va alla rovescia e diviene oggetto di satira, si inseriscono storie avventurose, momenti di manualità, di musica e invenzione poetica. La lingua adoperata spazia attraverso i registri dell’italiano contemporaneo con eleganza anche metalinguistica.[34]Sul versante morfosintattico, soprattutto nelle parti diegetiche, va registrata un’ottima tenuta dell’impianto normativo.
Per quanto riguarda il sistema pronominale, va osservato che fra gli usi dativali di gli prevale quello che sostituisce a loro:
49. F. L.: ma perché mai/ facevano così? chi gli avrà messo in testa / che erano loro i più forti / i più abili / i più intelligenti? (05/03/03)
e che vengono solitamente evitati costrutti con ridondanze pronominali come a me mi, a meno che tale costrutto non si presenti come ripresa a distanza
26. L.: a me queste bibite mi hanno un po’ riempito /; 30. LUPO LUCIO: Ma a me tutte queste bibite mi hanno un po’ disgustato (8/5/2004) sono due esempi separati?
Fra le funzioni del che polivalente, prevalgono quelle con valore temporale
(9)P.O.: oh povera me! poveri noi! come possiamo fare? proprio adesso doveva succedere ... che re Quercia è partito (16/06/04)
ma c’è anche un caso di adeguamento ipermimetico con evitamento del che polivalente nella sequenza quella volta che che diventa quella volta quando:
G.: mi ricordo di quella volta quando drago Focus stava terrorizzando il fantabosco / e principe Giglio dov’era (8/5/2004)
Per quanto riguarda la sintassi marcata, le frasi scisse o pseudo scisse riscontrate nel campione in esame risultano ben attestate, come sostegno di una messa in rilievo tematica necessaria a fini espressivi:
(2) P.O.: ma io sono la principessa/ per tua regola / ed è da ieri / che volevo venire sull’altalena (17/09/02)
Per quanto concerne la dislocazione a destra, le occorrenze sono in numero notevole, in linea con l’intenzione di dare alla scrittura vivacità, ritmo e immediatezza:
(59) O.: latte? ma io / non l’ho mai preso il latte / neanche quando ero un orchetto neonautico (16/09/02)
Anche se il numero maggiore di occorrenze nell’uso della dislocazione a sinistra rimane superiore Rispettato l’uso dei congiuntivi e dei condizionali, anche se va segnalato un processo di erosione nell'uso del congiuntivo pur all’interno di un programma volontariamente normativo e modellizzante, quando l'evento si configura come reale e il congiuntivo ha valore meramente sintattico, ovvero nelle interrogative indirette:
(13) S.S: io non capisco / che cosa ci trovate di divertente / nel riempirvi i cassetti / di fotografie di calciatori sudaticci / e scompigliati (15/09/02)
dopo «verba putandi»:
(45) M.: e tu / principe Giglio ... hai mai pensato che Ronfo / non fa bene il suo lavoro? (15/06/04)
in proposizioni completive:
(70) F: va bene! però prima volevo chiederti ... sei proprio sicura / che l'Orco ti stava sbirciando / poco fa / nel laghetto? (05/03/03)
Le forme perifrastiche, alle quali sono correlati valori aspettuali, vengono preferite soprattutto stare + gerundio con aspetto progressivo.
(3) M.: . . .non è che sto somigliando all'orco? (18 /11/04)
(27) O.: tu principale testa di carota/ stavi scimmieggiando me! (18/11/04)
Piuttosto elevato è anche il numero di occorrenze di futuro epistemico.
(86) G: be’ ... no! amico Orco / tutto di lei si può dire / fuorché quello / Fata Lina sarà stata antipatica / ma era bella / (sospira) fin troppo 'bella! (05/03/03)
Altro tratto di semplificazione è rappresentato dai molti casi di presente sostitutivo del futuro:
(97) M.: anzi / magari domani / quando ti lavi la faccia ... fammi un saluto! (17/06/04)
mentre raro è l'uso dell'imperfetto al posto del congiuntivo
(l16) T.:. sai ... speravamo soltanto / che l'incantesimo per miniaturizzare ... durava solo dall' alba al tramonto (15/09/02)
Poche sono anche le occorrenze di riflessivo apparente riscontrate dall'analisi del corpus :
(62) S.V.: non so se mangiarmi / un uovo di pernice / o un uovo di rospo! meglio un ovetto di avvoltoio! (16/02/04)
In ogni caso ciò che caratterizza La Melevisione è la particolare cifra stilistico-lessicale con escursioni tra registri e sottocodici e lessico ricchissimo di neoformazioni e ardite metafore (per cui i giorni della settimana si chiamano moredì, foredì, lamponedì e pignedì, i minuti sono pignuti, si beve blumele invece di idromele e oltre ai folletti ci sono gli arcifolletti), con escursioni verso la letterarietà (antro, arduo, avvincente, brezza, daga, ghirlanda, incantesimo, incarognito, mantice, pergamena, pozione, tenzone, donzella) e tecnicismi ben spiegati.
Il parlato trasmesso del programma è naturalmente ricco di forme onomatopeiche o fumettistiche:
(64) L.: e il pozzo! prima mi sono fermata un attimo al pozzo / per vedere il riflesso delle nuvole sull'acqua / quando all'improvviso ... puf! il pozzo è sparito! e io mi sono ritrovata per terra / Uf! non mi ci fate pensare (15/09/02)
nonché di diminutivi spesso ripetuti in quanto funzionali al contesto narrativo, oppure in contesti attenuativi quali:
(84) R: né Fata lina / né Linfa si vedono / uh mamma gnoma! potrei fare un salto alla sorgente per dare un’occhiatina poi tornare subito subito al chiosco / allora metto il cartello ... prendo tutti i miei anima lucci / la scatola ... ci vediamo dopo ciao! (19/01/05)
Stessi usi, in chiave antitetica si riscontrano per gli accrescitivi, quasi sempre usati come moderati insulti:
(1 8) N.: è successo / che questo bestione / mi stava guardando / mentre facevo il bagno (05/03/03)
Ovvio l’ampio ricorso a superlativi e a forme iperboliche caratterizzanti insieme l’alto uso di neoformazioni lessicali, con suffissazione o prefissazione particolare, di tipo scherzoso, per esempio, in -oso; -osa; -osi; -ose
(2) P.O.: . . . volevo venire sull' altalena / perché questa/ è molto più alta/ e molto più dondolosa della mia (17/09/02)
in: -onzolo; -onzola; -onzoli; -onzole;
16/06/04 (78) O.: .. ho visto che era ancora tutto secconzolo / l'acqua non arriva ancora/ forse è meglio andare al chiosconzolo/ sì/sì [continua a cantare]
ma anche la suffissazione creativa in: -accole:
(91) O.: Sì! giusterrimo! tante storiaccole nella luccica / senza femminesse in mezzo ai piedoni! (05/03/03)
Ancor più significativa appare la suffissazione risalente a una tradizione letteraria poetica rivisitata come quella nominale in: - anza, quella aggettivale in –errimo, quella verbale in -eggiare.
O.: allora gli dici a quell'orco sformato che hai nella visceranza/ di rimanere a fare la nanna! (18/11/04)
O.: non ho troveggiato niente da pappeggiare (09/ 11/05)
All’interno di un così ricco tessuto lessicale e fraseologico, ampio spazio è dedicato ovviamente alle parti “poetiche”, giochi di parole, filastrocche, rime, canzoni, importanti nei processi di apprendimento linguistico in una fase evolutiva contrassegnata solitamente da uno stile cognitivo di tipo uditivo. Tali strutture sono riprese da alcuni programmi di Playhouse Disney come Bocconcini, fra i pochi a mantenere la figura del mediatore di contenuti, considerati i costi di tali programmi con funzione spiccatamente pedagogica. Il satellite trasmette ormai quasi esclusivamente cartoni animati e fiction[35] e casa Disney segue le regole di mercato con la sola eccezione di questo simpatico programma di cucina, manualità ed educazione alimentare. Bocconcini va in onda tutti i giorni prima di cena su Playhouse Disney ed è ambientato in una cucina nella quale la morbida e accattivante cuoca Grazia interagisce con varie figure di riferimento tematico quali il pupazzo Rino, le pentole e le padelle che cantano e impartiscono insegnamenti. Grazia ha uno stile comunicativo molto cinestetico, un'ottima mimica facciale, canta, balla, tiene un ritmo d'eloquio sostenuto ma allo stesso tempo garante della chiarezza espositiva. Considerato il target di riferimento è facile intuire che molti sono i tratti del baby talk presenti nel parlato -come reiterazione dei termini chiave e uso dei diminutivi e vezzeggiativi-
GRAZIA: allo:ra bambini / adesso prendiamo il peperone e prendiamo anche il riso: / un po' di sughetto rosso::e: una manciatina di olive / un po di olietto e amalgamiamo il tutto (2/9/06)
e anche l'uso di costrutti perifrastici, parafrastici e didascalici in genere
GRAZIA: ha preso la macchina con il navigatore satellitare R. Saltellitare, che salta?
G: ma no::: / è un aggeggino che mettono a destra vicino allo sterzo e se oggi devo andare da mia madre scrivo il suo indirizzo (2/9/06)
Nel parlato di Grazia è spesso presente una tensione normativa che si riscontra soprattutto negli usi verbali sempre corretti (soprattutto congiuntivi e condizionali), nella preferenza per alcuni verbi piuttosto che altri (iniziare piuttosto che cominciare, amalgamare piuttosto che mescolare) ma anche, per esempio, in un uso tradizionale della d eufonica
GRAZIA: queste cose fatele sempre preparare prima ad un grande (7/10/06)
La forza comunicativa di Grazia è enfatizzata dall'uso continuo del sistema allocutivo e dal richiamo ai bambini a casa con una finzione di coinvolgimento nelle attività che risulta convincente e divertente
GRAZIA: Prima di iniziare a cucinare bisogna / lavarsi le ma::ni / ehi tu ti vedo / tu hai ancora le mani sporche /ecco / ti aspettiamo (2/9/06)
L'uso continuo delle filastrocche cantate, come si accennava, rende la componente educativa ben accetta e ben inserita nella struttura ritmico-pragmatica della trasmissione in linea con gli studi psicolinguistici sugli stili cognitivi tipici della fascia d'età.
3.2. Intrattenimento per l'età scolare
Le strutture testuali dei programmi per bambini in età scolare mostrano ovviamente, in partenza, caratteristiche ben diverse da quelle dei programmi per la prima infanzia anche in relazione agli usi lessicali e morfosintattici, un po’ meno sorvegliati e più vicini al cosiddetto linguaggio giovanile[36]. Le tipologie testuali proposte a questo target d’età spaziano dalle trasmissioni contenitore, oggi decisamente in crisi, a quelle di informazione e di creazione autoreferenziale di video autoprodotti (Screensaver), fino alla scelta ampia e differenziata di cartoni animati che si collocano in un continuum tematico che va da un minimo di impegno concettuale (Spongebob), che ricalca le comiche di Stanlio e Ollio, a un massimo di impegno e di complessità culturale come la serie Yu-gi-oh (in onda su Italia uno e su satellite sostenuto da un'attenta opera di merchandising). Fino ai primissimi anni del Duemila i contenitori per i bambini in età scolare hanno mantenuto un loro pubblico e una loro identità, ci riferiamo, per esempio, al contenitore Disney Club, all’interno del quale trovavano spazio rubriche di musica con hit parade, giochi a premi, interviste a personaggi famosi in studio. Col drastico mutamento di rotta intervenuto anche a seguito dell’introduzione della nuova offerta satellitare nel panorama dei programmi televisivi per bambini e per ragazzi, la stagione dei contenuti mediati per bambini più grandi può dirsi conclusa per ragioni di audience legate al mutamento dei gusti dei piccoli telespettatori. Resiste invece Art Attack, programma di manualità “avanzata” con una figura di mediatore unico, Giovanni Muciaccia, quasi un supereroe dell’abilità manuale e pertanto con un seguito di fedelissimi telespettatori appassionati al bricolage. Sembra, quasi che oggi si consideri superfluo mediare contenuti a bambini in età scolare, come se la scuola fosse l'unico ente formativo delegato a farlo e pertanto solo la manualità “tecnica” vista in chiave spettacolare viene trasmessa conservando la figura del mediatore/intrattenitore personaggio tv, riconoscibile e attivatore di maccanismi d'identificazione.
Se Disney Club in onda su Raiuno il sabato pomeriggio e poi su Raidue la domenica mattina dal 1991 al 2004, era coprodotto da Rai e Buena Vista Productions (Disney) ereditava la tradizione del glorioso Chissà chi lo sa innovandone la formula con piccole punte di trasgressività (come il momento del quiz alle maestre in cui se le malcapitate sbagliavano venivano investite da una cascata di materiale verdastro tra le risa dei loro scolari), la sua cifra stilistica rispetto alla trasmissione archetipica (con la sua una stretta adesione alla norma linguistica «Squillino le trombe, entrino le squadre») si attestava su un distanziamento dalla norma e un avvicinamento al linguaggio giovanile, pur sempre controllato, mai disfemico o substandard. Il lessico diveniva di conseguenza complessivamente meno variegato e più legato a mode e allo stile idiolettale dei conduttori, nel caso delle trasmissioni qui esaminate, di Chiara e Massi. Si trattava comunque di uno stile controllato sul piano della morfosintassi dove anche nel “parlato spontaneo” in studio si escludevano tratti sentiti come substandard, o forme di che polivalente con la funzione apparente di soggetto o oggetto, ma anche le pur comuni forme di presente pro futuro. Sul versante testuale va osservato invece come in tali trasmissioni abbondasse lo stile nominale[37] e franto, sul modello di certo giornalismo televisivo e sportivo, funzionale alle dinamiche delle trasmissioni. con elevato numero di occorrenze di frasi scisse e di dislocazioni. Sul fronte lessicale notevole era il numero di occorrenze di anglicismi e di tecnicismi del linguaggio settoriale televisivo e dell’informatica ( con tic linguistici e tormentoni avverbiali di stampo angloamericano come assolutamente[38]) e una discreta serie di calchi parziali sull’inglese come musica dura (hard rock). I presentatori, Chiara e Massi, i tipici esponenti della childlike tv, compiacenti, divertenti, “buonisti”, costantemente vicini alle movenze del parlato giovanile[39], con un uso abbondante di tecnicismi, gergalismi, forestierismi, forme elative, forme onomatopeiche e fumettistiche, tratti substandard a livello di lessico, slogan e tormentoni televisivi e radiofonici del momento :
MASSI: perché continuiamo con la musica sempre on air (8/5/ 2004)
CHIARA: sono assolutamente d’accordo/ la sua carriera è stata veramente stratosferica
CHIARA: assolutamente no Massi sto parlando di dj Francesco: /forza ragazzi
CHIARA.: Andrea / raccontami un po’ cosa fai nella vita A: niente / un po’ canto). Mancano le date
Alto era il tasso di fatismi e di locuzioni legati al mondo della televisione:
Rimanete con noi!, Cosa ci canti? Ed ecco a voi…Ancora un bell’applauso, Alla posizione numero tre….
Lo stile era spesso giustappositivo, elencativo-esplicativo, ellittico soprattutto al momento del quiz con telefonata e coinvolgimento dei bambini in studio che ricalcava perfettamente i moduli e gli stilemi stereotipici delle trasmissioni per adulti[40]con un ritmo franto e concitato, ellissi, ripetizioni a effetto, pause ed esitazioni.
Art Attack invece resiste ed è ancora una trasmissione di un certo successo su Disney Channel. Sviluppa uno dei temi portanti delle trasmissioni per ragazzi fin dalle origini come la manualità con una sua testualità tutta fondata su atti allocutivi che chiamano continuamente in causa il destinatario del messaggio e che insieme ai numerosi atti perlocutivi forti (compreso il ricorrente imperativo prendete la colla vinilica del conduttore Muciaccia, frase che è divenuta tormentone televisivo grazie alle imitazioni fatte da Fiorello) e creano l’illusione della comunicazione “faccia a faccia”, insieme a una fitta serie di fatismi e segnali discorsivi. Gran parte del testo trasmesso è affidato all’idioletto di Giovanni Muciaccia, ben riconoscibile nelle sue caratteristiche salienti tanto da divenire oggetto di imitazione caratterizzato da uno stile comunicativo asciutto, fermamente coeso e decisamente più vicino alla norma che al parlato del target giovanile a cui si rivolge. Muciaccia accompagna il suo parlato con una intensa mimica facciale e con una gestualità spiccata attenendosi a tratti normativi:
MUCIACCIA: diluiteli con un po’ di colla vinilica / un po’ eh / ragazzi / in modo che il colore una volta asciutto/ non si stacchi dalla nostra opera d’arte (11/5/04)
con usi lessicali ampi e articolati con molti tecnicismi:
MUCIACCIA: poi ritoccate gli alettoni sulla coda / e per finire // aggiungete i finestrini lungo la fusoliera) (11/5/04)
e con un moderato uso di tratti di semplificazione pronominale o verbale:
MUCIACCIA dobbiamo modellarli un po’ finché non hanno la forma giusta; G.:appena finiamo di ricoprire tutti i pezzi nello stesso modo li lasciamo asciugare per tutto il tempo (11/5/04)
o di espressivismi e forme del baby talk
MUCIACCIA: Noi in questo caso abbiamo disegnato un leoncino; G.: Ecco qua /pennelliamo un altro pochettino la criniera (11/5/04)
o di superlativi e forme iperboliche, o di neoformazioni
MUCIACCIA: allora / per fare una porta facciosa come questa abbiamo bisogno innanzitutto di alcuni pezzi di cartone
Interessante la differenza tra lo stile comunicativo emotivo, coinvolgente e ridondante di Muciaccia e lo stile asciutto e sintetico del Capo, alter ego del conduttore, un busto di gesso che ripete e ripropone le istruzioni di Muciaccia in modo da renderle incisive ed eventualmente riproducibili.:
CAPO: ciao ciao sono sempre io il vostro capo / ah: quell’attacco d’arte è proprio meraviglioso / dunque per realizzare uno di quei gustosissimi gelati incollate il fondo di una bottiglia di plastica su un pezzo di cartone / avvolgetegli intorno dei fogli di giornale ripiegati e fissateli con nastro adesivo/ fate un croccante cannolo di cioccolato sempre con i giornali / ricoprite tutto sempre con la classica miscela di colla e carta igienica per irrobustire il gelato e dargli la forma finale.
4. Informazione per bambini e per ragazzi
Conclusa l’era del contenitore per ragazzi, con l'eccezione appena osservata di Art attack, l’intenzione comunicativa di contatto diretto e informativo con il pubblico dei tweens si è spostato su programmi come Gt ragazzi e soprattutto Screensaver, orientati verso la necessità di informare bambini e ragazzi in modo autonomo e adeguato alle esigenze del target d’età.
Una vera e propria volontà di fare informazione televisiva per ragazzi si manifesta negli anni Novanta e rappresenta un punto di svolta nel sistema della tv dedicata a quei segmenti d’età. Se trasmissioni come Giramondo (1954) rappresentavano l’esigenza di fornire approfondimento informativo come i cinegiornali dei “grandi”, con servizi da tutto il mondo e curiosità legate alle scienze, Neonews trasmesso da Raiuno nel 1992-9 e Tg ragazzi, striscia quotidiana all’interno di Solletico dal 1994 e GT ragazzi -in onda dal 15 febbraio 1999 su Raiuno alle 17- segnano una svolta nella testualità informativa dedicandosi alla notizia intesa come struttura concisa, breve, ad alto tasso di informatività su argomenti di attualità.
Nei dieci minuti di GT ragazzi, nato da collaborazioni con Tg 1 e Tg3, si alternavano notizie scelte con cura e rese testualmente adeguate per il pubblico dei minori da una équipe di giornalisti e conduttori come Tiziana Ferrario e Filippo Gaudenzi, Paola Sensini e Fabio Cortese, autori televisivi, come Mussi Bollini ed esperti di problemi giovanili. Tuttavia, la formula notizia, commento, approfondimento tipica dei tg tradizionali ha subito profonde trasformazioni anche nel tv per adulti. Non poteva pertanto rimanere inalterata nel segmento minori. Tra il 2000, e il 2003 il GT ragazzi ha subito profonde modifiche, così come i tg per “grandi”, in chiave di contaminazione di generi testuali e di linguaggi. Si è orientato verso una comunicazione diretta coi ragazzi delle scuole e ha ottenuto sostegno da Comuni e Ministero. Tuttavia le sue strutture, i suoi codici espressivi, gli stili comunicativi non sono mai stati molto differenti da quelli per gli adulti, considerato che le redazioni giornalistiche di partenza erano le stesse (e i giornalisti erano gli stessi)[41]. La puntata si apre sempre con con il lancio delle notizie in stile nominale lasciando molto spazio alla componente visiva (le scritte in sovraimpressione, le immagini che scorrono) e meno alle inquadrature sulla giornalista. Predominante l'uso partitivo-negativo del niente in funzione aggettivale.
[scritta in sovrimpressione: “Le regole di un fiore”] Niente punizioni o note sul registro/ per sconfiggere il bullismo una scuola di Brindisi ha pensato di costruirsi un giardino//
[scritta in sovrimpressione: “Non hai l’età”] Dalle sfilate di Pitti bimbo nuove regole per le piccole modelle//niente trucco/ in passerella con la mamma
[scritta in sovrimpressione “Basket in piscina”] Tutti in acqua! maschi e femmine/ si chiama water basket/ è nato a Firenze un nuovo sport molto amato dai ragazzi
Ovviamente la componente allocutiva rivolta al pubblico a casa è diretta e confidenziale:
CONDUTTRICE: ciao ragazzi / buon pomeriggio / avete visto? ci sono stati nuovi episodi di bullismo in questi giorni nelle scuole italiane;
Il parlato è ricco di colloquialismi verbali (T. L: noi siamo riusciti a scovare la preside di una scuola /eh/ di Brindisi). Il tono didascalico
conduttrice: un giardino sul tetto e pannelli che trasformano l’energia del sole in elettricità/ è la casa ecologica/la trovate/ assieme a molte altre cose/ al Festival della Scienza/ a Roma
è accentuato dalla voce fuori campo che fornisce sinteticamente spiegazioni sul tema proposto
Voce fuoricampo: riciclare l’acqua della pioggia / per uso non alimentare / ovviamente / e trasformare l’energia del sole /grazie a questi pannelli / in elettricità e calore / sono alcune caratteristiche della casa ecologica che i ragazzi stanno toccando con mano [si vedono i ragazzi che toccano un modello di casa solare] è il caso di dire /al Festival delle Scienze /in corso all’auditorium di Roma fino a domenica prossima /un evento dedicato all’ambiente e ricco di giochi/ laboratori / mostre / per far riflettere sul surriscaldamento della terra [scritta in sovrimpressione “La terra ha la febbre!”] causato dall’inquinamento e dal mancato rispetto della natura// da qui l’invito del Festival delle Scienze a comportarsi bene//)
con qualche eccesso semplificatorio e con punte di dialogicità scolastica
Intervistatrice: come possiamo salvare la terra?
bambina2: allora / intanto un esempio potrebbe essere di risparmiare l’acqua quando non ci serve
bambina3: non sprecando la carta usando quella riciclata anche in classe
Bambino1: usare il meno possibile gli elettrodomestici /spegnere il più possibile le luci e usare le lampadine a basso consumo
Importante anche il continuo ricorso da parte dell'intervistatrice a processi di riformulazione con interventi “correttori” sugli enunciati dei bambini
Conduttrice: e oggi con noi ci sono i ragazzi della scuola xxx di Roma /allora avete visto che bella questa casa ecologica? ti piacerebbe averne una così? un giardino sul tetto? ti piacerebbe? che ci pianteresti sopra?
Bambina1: le rose
Conduttrice: le rose? Ma tu che fai per aiutare la natura che /hai visto / è malata… eh? non lo so /tutti i giorni che cosa si può fare per aiutarla?
Bambina1: eh / non andare con le macchine / e invece andare coi mezzi pubblici
Conduttrice: e a casa tua? tipo / hai visto ci sono i pannelli solari per risparmiare l’energia?
Bambina1: rispa- /risparmiare più elettrodomestici
Conduttrice: usarli di meno? eh? usare anche la televisione di meno/spegnerla comunque quando uno non la guarda /e tu? [si rivolge ad un bambino] prima mi dicevi che addirittura risparmieresti/ cenando a lume di candela! eh? ma l’hai fatto? l’hai fatto? ti crediamo? […]
A differenza del Gt ragazzi, Screensaver ha affiancato fin dai suoi esordi componenti ludiche e di intrattenimento ai contenuti informativi in una prospettiva nuova come quella del far fare ai ragazzi la tv dei ragazzi, ovvero di accogliere all’interno della trasmissione video e immagini girati dai ragazzi stessi. Screensaver è ormai una trasmissione di lunga durata, punto di forza dell’importante palinsesto di Raitre dedicato ai ragazzi. Dopo essere andata in onda per alcuni anni come striscia per tweens dalle 15,10 su Raitre, Screensaver è diventato un appuntamento domenicale di durata maggiore, molto articolato per contenuti e testualità. Fiction, documentari e spot si alternano nel programma che conserva comunque un impianto tipologico di tipo informativo-commentativo. Si tratta di una trasmissione-verità con un conduttore-autore, Federico Taddia, che gira per l’Italia per incontrare i giovani autori-creatori del programma che inviano in redazione i loro prodotti audiovisivi per la selezione e poi, se scelti, intervengono per creare la trasmissione stessa col conduttore. Il programma recupera generi testuali provenienti da altri palinsesti televisivi (quiz, interviste a personaggi famosi, storie di vita) e li riorganizza all’interno di un testo molto dinamico, veloce, connotato da codici visivi e musicali di tendenza. Fin dalle origini del programma, la comunicazione col pubblico dei giovanissimi è stata curata anche attraverso il sito web collegato. Oggi il sito web di Screensaver è uno spazio estremamente articolato che, in linea con l’apertura del circuito comunicativo per ragazzi, che trova nella tv il suo centro propulsore, è un polo importante di diffusione di modelli pragmalinguistici in bilico tra uno scritto molto parlato, un parlato molto trasmesso e un trasmesso molto scritto/parlato. Nel sito e nelle parti curate dal conduttore della trasmissione sono presenti molti stereotipi del linguaggio giovanile sia dal punto di vista lessicale (alto uso di termini accorciati come raga, per ragazzi/e, para per paranoia/e), che fraseologico, che retorico (si fa ampio uso di metafore, iperboli, metonimie, antonomasie), che morfosintattico (predomina l’uso del c’è presentativo e del ci attualizzante, pochi invece sono i che polivalenti e gli usi non normativi del sistema verbale). Complessivamente si può dire che lo stile comunicativo dell’autore/ conduttore di Screensaver ricalca senza eccessi lo stile giornalistico brillante, arricchendolo di formule allocutive dirette e coivolgenti, con ampio uso di dislocazioni:
F.T: [rivolgendosi ad uno dei ragazzi che lo attorniano] Gianluca / voi la “Giornata della memoria” lo sapete che cos’è?
Studente 1: sì sappiamo cos’è! è una giornata istituita dal governo italiano/ per ricordare tutti coloro/ che sono stati internati nei campi di concentramento/ e hanno anche trovato la morte dentro di essi
di che polivalenti riformulati:
F.T.: ma è una cosa che / che sentite / di cui sentite il bisogno / o: / così / la vivete perché /appunto / a scuola vi dicono che bisogna celebrarla?
di espressioni tipiche del linguaggio giovanile per meglio adattarlo ai destinatari, ma dosando sempre i contenuti deittici e il sistema inferenziale in modo da evitare ambiguità. Interessante la modalità dialogica “empatica” del conduttore con anticipazione/suggerimento del contenuto enunciativo poi completato dai ragazzi, o viceversa dal completamento di enunciati lasciati in sospeso dai ragazzi stessi:
Studentessa1: ma no / in generale: / cioè non:/ noi:/ ne parlano sicuramente a scuola / però alla fine anche noi sentiamo/ cioè / il bisogno di ricordare quello che è successo… anche se/ dicevamo/ che è: un po’ difficile rend-/ metterci nei panni delle persone che hanno subito /queste perdite
F.T.: perché sono passati tanti anni/ però ehm / per fortuna non così tanti da dimenticare/ perché /appunt-/ la memoria è proprio questo no?/ ricordare affinché ciò non ritorni
F.T: questo è un luogo molto significativo/ siamo a Carpi in provincia di Modena insieme ai ragazzi della scuola “Focherini” che / ehm/ scuola appunto intitolata a un…
Studente 2: eh / a un famoso personaggio / che salvò più di cento / di cento ebrei / durante la seconda guerra mondiale…
F.T: e trovò la morte però in un campo di: sterminio…
Studente 3: e purtroppo però trovò la morte salvando il centocinquesimo e:/ in un … proprio in un campo di concentramento
Tale modalità “empatica” viene meno nei dialoghi con gli ospiti, che mostrano un parlato decisamente poco sorvegliato.
5. Fiction per bambini e per ragazzi.
Come nel caso della fiction per adulti[42], gli archetipi della fiction per ragazzi affondano le loro radici nel teleteatro e nello sceneggiato di stampo classico, caratterizzato da ritmi narrativi distesi e ben articolati, da dialoghi dal ritmo enunciativo sostenuto e stilisticamente piuttosto vicino alla norma.L'archetipo del genere è rappresentato dalla serie I ragazzi di Padre Tobia in onda su Raiuno dal 1968 al 1971 con la regia di Italo Alfaro, su un soggetto originale di Casacci e Ciambricco, già autori della serie poliziesca di successo Il tenente Sheridan. Se è ben nota l’importanza della testualità musicale in un format per bambini[43], basti pensare alla lunga durata comunicativa di sigle d’apertura di programmi famosi, o ai brani-slogan tratti da cartoni animati di successo canticchiati dai bimbi in età prescolare, o al valore aggiunto dato da un commento sonoro appropriato all’interno di un audiovisivo di impianto narrativo, nel caso di questa serie televisiva le sigle di apertura e di chiusura rappresentano un vero e proprio indice sintetico dei contenuti del programma incentrati sui valori dell'amicizia (ritornello della sigla iniziale: Chi trova un amico trova un tesoro/ noi siamo i ragazzi più ricchi del mondo), della solidarietà (nei momenti belli e brutti di ciascuno noi siamo uno per tutti tutti per uno), della condivisione.
Il testo di ciascuna puntata seguiva uno schema ben preciso: intersecata con la già citata sigla c'era la prima gag, sostenuta dalla vis comica di Giacinto il sagrestano, che apriva i battenti sul nucleo narrativo della puntata, solitamente incentrato su un problema di uno dei personaggi da risolvere con l'aiuto di tutti. Dopo uno svolgimento “avventuroso” della vicenda, caratterizzato da un paio di interventi comici sempre focalizzati sulla figura di Giacinto, si passava all'intervento risolutore di Padre Tobia realizzato con l'aiuto di tutti. Sulla gag finale partiva la sigla conclusiva. Da un punto di vista socio-stilistico le figure meglio caratterizzate erano quelle di Giacinto (balbuziente, che usava un parlato venato da tratti substandard e da malapropismi) e di Padre Tobia ( che usava un parlato sempre forbito e contestualizzato).Tutti i testi sono molto accurati da un punto di vista formale e rispettosi dei tratti normativi, anche se ovviamente sono presenti fenomeni di tematizzazione e messa in rilievo e molte spiegazioni di termini meno consueti. La serie è dunque perfettamente in linea con intenti pedagogici coerenti spesso prevalenti rispetto a quelli spettacolari. Una rivoluzione e un ribaltamento di valori in questo senso si hanno invece nelle fiction degli anni Ottanta come Love me Licia, in onda su Italia uno nel 1986 e nel 1987 in fascia preserale prima e pomeridana poi. La serie, con la regia di Gabriele Rosa su soggetto di Alessandra Valeri Manera, fu un successo grazie anche alla presenza di Cristina D'Avena e, per la prima volta in Italia, importò moduli e stilemi narrativi da un cartone animato (di cui ricalcava le movenze ipercaratterizzanti in termini visivi e teatrali) verso una fiction televisiva. Tale processo di transcodificazione divenne poi molto usato nella fiction cinematografica (per esempio la serie Flintstones) e aprì la strada ad altri processi di ibridazione come quelli che si possono osservare nella nuova serie che esamineremo in questa sede: Quelli dell'intervallo. Prodotta da Disney Italia in quattro serie (da 52 episodi ciascuno di 15 minuti) dal 2004 a oggi, dedicata ai tweens, è ambientata in una scuola media italiana, presenta una ipercaratterizzazione ambientale, una scenografia ripresa da Camera Café (con riprese in interni a macchina fissa davanti alla finestra del corridoio della scuola, invece che davanti alla macchina per il caffè dell’ufficio), una testualità abbreviata, sincopata, un periodare piuttosto breve e stilizzato, caricaturale rispetto ai tipi umani descritti (il secchione, la bella della classe, il mangione). Si tratta dunque di un testo che ibrida la testualità narrativa con quella della gag teatrale e con i moduli dell'intrattenimento breve televisivo di ultima generazione. Da un punto di vista tematico riprende i nuclei narrativi tipici della vita scolastica sottoponendoli a un processo di caricaturizzazione e di resa iperreale. Da un punto di vista pragmalinguistico tutto ciò ha riflessi evidenti già a partire dai contenuti musicali della sigla iniziale, cadenzata a ritmo di rap:
Dred, Tinelli e Valentina / Secchia / Mafy / Rocky con Annina / Smilzo / Nico / dj Spy /se c’incontri sono guai / bella lì /non c’è problema / no stai tranqui / si sistema / bella zio / come ti butta? non sei al primo / sei alla frutta
RIT:Siamo quelli dell’intervallo / siamo quelli dell’intervallo / Siamo quelli che è uno sballo
bella storia / questa scuola / ti diverti e il tempo vola / questa classe è un vero danno / stai con noi per tutto l’anno / se la prof. mi sgama in scienze / è un disastro / non so niente / dalla brace alla padella / spero nella campanella
con caratteristiche salienti come la presenza di lessemi e locuzioni del linguaggio giovanile (uno sballo, mi sgama, come ti butta, insieme a termini ad alta frequenza col tipico troncamento della sillaba finale, tranqui per tranquilli, sul modello di raga per ragazzi e a formule di saluto come bella più sostantivo, bella zio, bella lì)[44]. Questa sit-com, programma cult fra i giovanissimi, rappresenta davvero uno specchio-modello della realtà linguistica dei tweens e accetta anche tratti fonologici peculiari dell'area settentrionale al fine di conferire al testo “veridicità” e identità locale. Il testo è in effetti uno dei frutti più tipici di quel processo che viene definito dai sociologi “glocalizzazione” con contenuti global declinati in chiave local, andato in onda in chiave sperimentale su un canale satellitare, Disney Channel, poi passato alla tv in chiaro, a Raidue, per poi ritornare sul satellite con evidenti riflessi in termini di ampiezza di fruizione e di audience.
Il piano fonologico, dunque, mostra tratti intonativi e di pronuncia riconducibili alla matrice settentrionale dei piccoli protagonisti, i quali in questo senso non fanno alcuno sforzo per adattare il loro parlato allo standard. Presenti anche i fenomeni di “allegro” segnalati da Berretta 1994 per il parlato in generale ma che in realtà sono assenti, per esempio, nelle varietà meridionali:
N: capisco / il cervello non filtra e i pensieri escon fuori da soli (seconda serie 2005)
A livello morfosintattico vanno segnalati sia i fenomeni di messa in rilievo (soprattutto dislocazioni a sinistra, c'è presentativi, frasi scisse), che quelli di semplificazione tipici dell'italiano dell'uso medio
T: ALADDIN/è Aladdin…possibile che in questa scuola siete tutti ignoranti DATA
senza tentazioni nei confronti del substandard come si potrebbe forse ipotizzare visto il presunto ”spontaneismo” dell'eloquio. Fra le strutture verbali ricorrenti va segnalato l'uso reiterato delle forme con gerundio:
V: volevo ben dire…/ dai vai avanti / stai andando forte DATA
con sviluppi paralleli all'inglese. Il livello lessicale non mostra punte disfemiche o eccesso di tecnicismi o di anglismi, come si potrebbe immaginare sulla base di una voluta adesione ai moduli dell'italiano giovanile. Piuttosto stereotipata e ripetitiva la componente fraseologica:
V: Ma che hai Tinelli? ti sei messo in pausa? DATA
mentre non stupisce il frequente ricorso a risorse poetico ritmiche:
T: i tuoi occhi sono come zaffìri lucenti che lanciano raggi caldi e seducenti
T: oggi i tuoi capelli sono come frumento al vento/che/inebriano il mio cuore e ne hanno il sopravvento… DATA
tipiche di un'età “romantica” nonostante i mascheramenti tendenziali. Da un punto di vista pragmalinguistico va osservato il complessivo ritmo frastico concitato, breve, dal ritmo veloce, che si concede alla fine un “morale della favola in chiave minimalista[45]:
DJ: ecco tutto / ho finito / in fondo erano pochi / rapidi concetti / un minuto…
T: grazie DJ oggi sei stata / i::lluminante…oggi ho fatto una grande scoperta…
DJ: infatti io penso che dobbiamo sempre imparare dagli altri…
6. Serie animate per bambini e per ragazzi
Nella complessa testualità dei cartoni animati la costruzione del senso è affidata in parti diseguali alla componente visiva, a quella musicale e a quella verbale vera e propria. Nei cartoni tradizionali la parola ha ancora un peso forte, mentre in quelli più recenti i codici visivo e musicale sembrano avere la meglio, sia per le serie per l'età scolare che per quelle per “tutti”. Considerato il pregiudizio di fruibiltà semplice e immediata riservato al medium, gli sconfinamenti e i problemi di una fruizione non selettiva sono notevoli, è tuttavia possibile indicare ancora e analizzare quindi prodotti destinati a certe fasce d'età. Dallo spoglio effettuato è emersa inoltre la netta differenza tra i cartoni degli anni ’70-’80 e quelli degli anni ’90-2000. Mentre nei primi appare più evidente la tenuta normativa della struttura linguistica e più deciso l’intento educativo alla base, nei cartoni degli ultimi decenni, benché permanga una forte adesione alla norma, vi è un’intenzionalità comunicativa che tende alla medietà linguistica (come appare evidente nel caso di Winx Club) mentre più ricco e articolato appare il codice lessicale. Nei cartoni animati destinati ad un pubblico adulto (Simpson, Griffin) è più complessa l’attività di decodifica dei massaggi, sia espliciti che impliciti, e di conseguenza molto alto è il tasso di allusività e intertestualità.
6.1. Serie animate per piccolissimi
A un ricco impianto linguistico-testuale come quello rappresentato dalle trasmissioni con mediatore, fa riscontro una testualità come quella dei cartoni per piccolissimi nella quale, per motivi strutturali, la costruzione del senso è affidata in parti diseguali alla componente visiva, a quella musicale e a quella verbale vera e propria, con un progressivo spostamento verso ritmi verbo/visivo/musicali sempre più nucleari e sincopati. Nell'Ape Maia[46], per esempio, sono interessanti gli usi pronominali con il netto prevalere della prima persona rispetto a tutte le altre in posizione di soggetto, a testimonianza della tendenza “egocentrica” del parlato e l’intenzione di enfasi stilistica del recitato, mentre nei casi obliqui non è molto seguita la tendenza dell'uso medio verso la semplificazione delle opposizioni maschile/femminile e singolare/plurale sulla forma gli. in favore di usi normativi. Anche gli usi del congiuntivo rispettano la norma nelle subordinate dipendenti da verba putandi, o rette da una dichiarativa negativa o da un’interrogativa indiretta. Nel campione è solitamente usato in modo normativo il congiuntivo nella protasi delle proposizioni ipotetiche di secondo tipo (tranne un caso di ipotetica costruite con l’imperfetto: Se rimaneva sepolta dalla neve non potevamo fare niente per lei). Per quanto riguarda gli usi modali dell’imperfetto, si possono osservare nel campione alcuni esempi di imperfetto “potenziale” (Maia non doveva immischiarsi!”; “Non posso crederci, capisco tutto ma non dovevi unirti a questo gruppo di ladruncoli) e di imperfetto “di cortesia” (Senti! volevo avvertirti di una cosa!), mentre sono rari i casi in cui è usato il presente per sostituire forme di futuro (Se la temperatura scende ancora, allora saranno guai seri; Se quello fa il prepotente con la sua lancia lo pungerò a morte). Da un punto di vista sintattico, considerato il target, non stupisce che le battute dei personaggi siano piuttosto brevi e costituite prevalentemente da proposizioni principali o coordinate. con spiccata preferenza per la costruzione paratattica. Solitamente si ha una subordinazione di primo grado: soprattutto con completive ma anche le relative, le finali, le causali (in genere preposte) e le temporali (pure preposte). Fra le forme di tematizzazione e focalizzazione dell’informazione prevale, come c'era da aspettarsi, la dislocazione a sinistra rispetto alla dislocazione a destra. Molto frequenti il “c’è” presentativo (C’è forse qualcosa che dovremmo sapere?; però c’è una cosa che non capisco, agente Jenny), e la frase scissa (È Gloom che si prende cura dello stelo paralizzante che abbiamo nella serra).che sono funzionali ai fini didascalici del testo. Piuttosto rari sono invece gli esempi di che polivalente e comunque mai nelle varianti sempificatorie vicine al substandard. Da un punto di vista lessicale, in linea con gli intenti didascalici e normativi del testo, sono presenti termini piuttosto aulici, di difficile comprensione per i bambini, (incartapecorito, zavorra, smorzare, inappetente, assiderato, escogitare, rievocare, gesta, emanare, pertica), parecchi dei quali usati in modo molto appropriato (ansimare, possedere, addirsi, neutralizzare, frantumare, varcare, disputarsi) in contesti sinonimici ricercati e differenziati dal punto di vista stilistico, utili a caratterizzare, per esempio, i sapori e gli odori, con un ventaglio di aggettivi che copre l’intero arco diastratico (buono/ succulento/ squisito/delizioso; pappare/ mangiare/ divorare). Data l’ambientazione non sorprende la presenza di un lessico entomologico e botanico e numerosi tratti di baby talk[47]. A livello fraseologico, numerose sono le espressioni figurate (l’ha ridotto uno straccio, sarà fritta!, lasciarci la pelle, battere ciglio) e idiomatiche (dare di volta il cervello, mancare una rotella, perdere le staffe, capitare tra capo e collo, non importare un fico secco, darsi la zappa sui piedi) nonché locuzioni proverbiali tradizionali (chi va piano va sano e va lontano, occhio per occhio, dente per dente) interessanti in un momento di perdita di questo tipo di idiomatismi in favore di stereotipi tratti dal mondo della pubblicità.
Caratteristico della serie I Puffi[48] è invece il lessico polisemico e stereotipato che genera rassicurazione attraverso la ripetizione del prefissoide puff- (nell'originale Smurf-).
GRANDE PUFFO: miei cari puffolini / per avere superato brillantemente la prova / e per avere salvato il villaggio da Gargamella / sono fiero di conferirvi / le pufmedaglie al merito! (5/6/2003)
SCICCOSO: hei! ma dove siamo puffolinati! bontina: oh/ acipuffolina! dobbiamo avvertire Grande puffo!; Grande puffo: haa! non c’è niente di meglio che una notte puffosa!(5/6/2003)
Considerata la distanza dal parlato reale, tuttavia, scarsa è stata nel tempo l'effettiva funzione modellizzante di tali stilemi nonostante il perdurante successo della serie. Al contrario, la potenza modellizzante di serie d'azione come Pokémon, oltre i cieli dell’avventura è innegabile se si considera il passaggio di stereotipi linguistici tratti da questi cartoni nel parlato dei bambini tra i tre e i sei anni. Il tessuto linguistico anche in questo caso è sorvegliato e non distante dalla norma[49] con parecchi esempi di uso del congiuntivo nella protasi delle proposizioni ipotetiche di secondo tipo (Se qualche malintenzionato venisse a conoscenza di questa oasi, potete scommettere che in men che non si dica verrebbe distrutta; Con questa temperatura, non mi sorprenderebbe se vedessimo una quantità di Pokémon di mare nuotarci intorno) ed è stato riscontrato un solo caso di ipotetiche costruite con l’imperfetto, mentre più frequenti sono gli usi modali dell’imperfetto stesso (Senti! volevo avvertirti di una cosa!; Volevo dirti una cosa. Ecco, per me sarebbe molto importante se tu rimanessi). Il lessico, ricco di tecnicismi con condizionamento tematico (p.e. aeronautico: aerostato, zavorrare, ammarare, alzarsi in quota, ecologico- ambientale: oasi protetta, specie protette, habitat, contesti regionali, clima tropicale, “guerresco” : tonoshock, stretta con liana, attacco tossina, attacco fumogeno, attacco doppio team), ricco di esclamazioni enfatiche, nonché di formule di vario accrescimento, tipiche del parlato colloquiale (un sacco di, un mucchio di), rimane ancorato al repertorio tradizionale, così come nelle altre serie degli Ottanta (trovare pane per i propri denti, dormire sugli allori, sogni d’oro), mentre le serie odierne mostrano calchi di stampo angloamericano non adattati e tormentoni pubblicitari. Fra le serie attuali più interessanti va segnalata Higglytown Heroes in onda su Disney Channel, calibrata su un target di bambini in età prescolare non solo da un punto di vista pragmalinguistico (ottimo rapporto parola/immagine, ritmi enunciatvi lenti e ridondanti, ampio uso di tecniche didascalico/esplicative, dialoghi con battute brevi ed efficaci), ma anche da un punto di vista testuale, con un ritmo rispettoso dello stile uditivo di molti dei piccoli ascoltatori (la serie fa affidamento sulle strutture ritmico-musicali più di altre con l'uso estensivo di filastrocche e canzoncine):
WINKLE: sai cosa penso riguardo a ogni cosa? tutto è più bello colorato di rosa
MAMMA: vi darò un aiutino / senza quello non si può preparare un panino [I bambini, cantando, cercano di indovinare]
TWINKLE: mhm: forse l’ho capito / è il miele che ci va
WAYNE: il miele serve solo se prepari Alì Babà
FRAN: e indispensabile fa rima con il cane
KIP: io lo so dobbiamo riscaldare: un po’ di…
BAMBINI: pane: / fare dei panini è semplice perché:/ puoi confezionarli proprio come piace a te / ti basta solo scegliere il modo in cui li vuoi/ e farli insieme agli amici: diverte tutti noi
FRAN: bingo! bravi! è giusto! avete indovinato!
BAMBINI: [Cantando in coro] Fare dei panini è semplice / perché: / puoi confezionarli proprio come piace a te/ sono l’invenzione più grandiosa che ci sia/ sono proprio pratici: se vuoi portarli via (prima serie 2005)
Tali strategie comunicative si rivelano particolarmente incisive e utili per veicolare contenuti didattici tematizzati sempre illustrati da esperti del settore, gli “eroi di Higglytown”(per esempio il fornaio), con tecniche didascaliche
FORNAIO: niente paura! ve lo faccio io il pane / volete aiutarmi?
BAMBINI: a fare il pane?
EUBIE: si:!
FRAN: e come!
FORNAIO: ok! primo si prende la farina
TWINKLE: fa:tina?
FORNAIO: no non fatina! farina si fa col grano / dopo si aggiunge il lievito / così il pane si gonfia e diventa soffice / poi si mette l’acqua e il sale / poi mescoli tutto insieme e fai l’impasto
Da notare il blando ricorso a tradizionali strategie di baby-talk, in linea con gli studi statunitensi su questa età evolutiva:
BAMBINI: se siamo bravi anche noi diventeremo presto degli eroi:/ saremo degli eroi:
Mai assenti i consigli comportamentali che rappresentano sinteticamente la “morale della favola”:
FORNAIO: ah ah ah questo è il mio lavoro / e ricordatevi che il forno può scottare/ quindi quando lo usate chiamate sempre un adulto ad aiutarvi/ e voi diventerete…
BAMBINI: degli eroi di Higglytown!
con un complessivo indirizzo tematico rivolto all'emulazione dei più bravi, degli specialisti, anch'essa di matrice tipicamente statunitense.
6.2. Serie animate per l'età scolare
Per questo segmento d'età l'offerta è molto cambiata nel tempo sia come strutture narrative che come prodotti dotati di forte identità di genere. A parte il taglio diacronico, abbiamo scelto di collocare i cartoni esaminati secondo una gradatio che vede al primo posto i cartoni animati che presentano una componente verbale ben articolata e quindi significativa ai fini di un impatto sui processi di apprendimento, a seguire quelli con una componente verbale ridotta, più ellittica e franta, nei quali la componente grafico-visiva e quella ritmico-musicale hanno uno spazio maggiore. Il successo di audience e la ripetizione delle serie nel tempo con conseguente azione modellizzante sono stati ulteriori criteri di scelta. Si parte da Lady Oscar del 1982 [50], serie tratta da un manga di Riyoko Ikeda, la serie in onda su Italia 1, ambientata nella Francia prerivoluzionaria di Maria Antonietta e narra le complesse vicende identitarie della giovinetta Oscar De Jarjayes costretta dal padre a vestire come un uomo e a intraprendere la carriera militare. Si tratta dunque di un tipico caso in cui il cartone veicola contenuti complessi, spesso drammatici e non sempre adatti ai bambini, eppure è una serie di ventennale successo e mostra come i contenuti tematici siano spesso sottovalutati in favore di un sommario giudizio di idoneità garantito dal codice testuale “cartone animato”. In linea con il plot, i contenuti linguistici si attestano su un versante normativo, con pieno rispetto della temporalità verbale
GENERALE: io sono più che convinto che tu sappia quello che passa per la mente di Oscar! perché ha chiesto a sua maestà la regina Maria Antonietta di non voler più far parte della guardia reale e essere destinato a un altro incarico? dimmi quello che sai!
pochi sono rispetto a cartoni più recenti i tratti di messa in rilievo. Quanto al lessico ci troviamo di fronte a un repertorio piuttosto sorvegliato, sempre ricco di formule di cortesia e di termini ricercati
OSCAR: no / vi prego di riportare fedelmente quanto sto per dire a sua maestà la regina / io la ringrazio dal profondo del cuore/ per aver avuto la gentilezza di accogliere la mia richiesta / inoltre ditele che resterò per tutta la vita un suo fedele servitore
persino quando il parlante ha uno status sociolinguistico non elevato
GOVERNANTE: credo che tuo padre veda molto di buon occhio il giovane Girodelle e sarebbe propenso a vederti maritata con lui
comunque ricco di terminologia afferente all'ambito militaresco
OSCAR: è assurdo! non puoi rispondere “non mi ricordo quando ho perduto il fucile” non si tratta certo di un bottone dell’uniforme! il regolamento impone che al soldato che perde il fucile venga inflitta dal tribunale militare una punizione corporale o peggio la pena di morte / voglio sapere subito dove l’hai perduto e quando!
Interessante è l'uso della voce narrante fuori campo che fa da cornice alla puntata con un resoconto iniziale che contestualizza le avventure che seguono e un commento finale alla situazione.
NARRATORE: scene come questa non erano del tutto infrequenti nella Parigi di quegli anni / ma bisogna dire che purtroppo accadeva anche di peggio / la rabbia popolare esplodeva anche nelle forme estreme / i tempi stavano cambiando con molta rapidità e l’odio delle classi meno abbienti verso i membri delle famiglie nobili diventava sempre più acceso e incontrollato / era passato meno di un mese da quando Oscar aveva lasciato la guardia reale per diventare comandante dei soldati della guardia
Se tale serie di successo poco si differenzia da moduli e stilemi letterari, più nuova è la testualità de I Power Rangers[51], variazione sul tema del supereroe, in questo caso si moltiplicato per sei con le sembianze di adolescenti mascherati e dotati di superpoteri differenti in lotta contro le forze del male, con un pieno sincretismo di temi e stereotipi statunitensi e giapponesi. Da un punto di vista linguistico la serie è interessante non tanto per la colloquialità degli enunciati, all'interno dei quali si ritrovano i consueti tratti di semplificazione pronominale o verbale
BULK: ora ti dirò una cosa/ il mio pupillo Riff durante la gara distruggerà i tuoi e: poi gli farà fare una figuraccia tremenda! fagli vedere Riff
o per il lessico ricco di tecnicismi
ZORDON: non lasciarti ingannare dalle apparenze / è comandato da un computer altamente sofisticato di nome Karpetron / dovete assolutamente entrare in Agiasaurus per disinserire Karpetron
ma anche e soprattutto una tessitura testuale fatta di brevi comandi, di microenunciati che incitano all'azione, spesso violenta, e che per la loro monoproposizionalità e sinteticità concettuale ben si prestano a essere riprodotti come items inanalizzati nel parlato dei piccoli imitatori di questi supereroi.
JASON: tra:formazione!
ZACK: forza mammut
KIMBERLY: pterodattilo
BILLY: triceratopo
TRINI: vai smilodonte
JASON: tirannosauro
JASON: attiviamo la potenza Mediason! in posizione!
ZACK: Black Ranger pronto ad agire!
BILLY: tutti i sistemi attivati!
TRINI: pronti a combattere ragazzi!
KIMBERLY: a:vanti facciamolo a pezzi!
Considerato il ventennale successo della serie, la forza modellizzante di questa tessitura testuale “imperativa” è senz'altro da considerarsi imponente ed è testimoniata dall'ascolto delle interazioni comunicative di “combattimento” tra scolari della scuola materna e dei primi anni delle elementari[52].
Successo planetario di questi ultimi anni è invece la serie Winx Club, fenomeno massmediatico tutto italiano[53]. Creatore delle Winx, cinque fatine alla moda (con look studiato da Prada e Dolce e Gabbana), nate sull’onda lunga tematica di Harry Potter, che si muovono all’interno di un fantasy soft, è Iginio Straffi, attento osservatore ed elaboratore dei nuclei narrativi per ragazzine. Bloom, Flora, Musa, Stella, Tecna sono dotate di poteri magici e di caratteri consoni al nome scelto per rappresentarne le identità e le differenze e combattono contro le streghe Trix dotate di caratteri e poteri antitetici e complementari. La serie televisiva, la pubblicità e il merchandising ad essa collegati sono decisamente orientati verso la costruzione di una nuova identità di genere tutta al femminile. Le Winx sono autonome, dinamiche, forti della solidarietà del gruppo, aggressive quando serve, intraprendenti, molto femminili ma portatrici di valori “maschili”. A questi nuovi valori corrisponde tuttavia un tessuto linguistico tradizionale, tendente alla medietà linguistica, controllato dal punto di vista dell’adesione alla norma e non povero da un punto di vista lessicale (dimensione, destinazione, tenace, accadere). A un “minimalismo” espressivo nei dialoghi fa riscontro una buona tenuta normativa con usi verbali vicini allo standard, tranne per qualche caso di uso dell’indicativo al posto del congiuntivo
F: ma perché tu pensi che sono qui vicino (BE r. 1138)
e con periodi ipotetici costruiti in modo regolare:
BR: accidenti se solo avessimo il demolecolarizzatore potremmo liberarla… (BE r. 354)
Altissima frequenza d’uso mostra il futuro raramente sostituito dal presente con qualche concessione viene fatta all’uso del futuro epistemico
FA: povera Bloom cosa sarà che la preoccupa (GS r. 672)
Presenti frequentemente perifrasi aspettuali con stare più gerundio:
ST: oh no i miei poteri stanno svanendo oh no: maledetto (SC r. 654)
Fra gli esempi di sintassi marcata prevale, in linea con le tendenza dell’italiano contemporaneo, la dislocazione a sinistra.
RA: il frutto l’hanno preso loro / ci riesci a fartelo entrare in testa? (BE)
Nel lessico sono presenti molte forme elative con super, molti tecnicismi, ma pochi diminutivi e usi lessicali e fraseologici creativi.Molti i termini denotanti aggressività e violenza (Neanche restando unite potrete sconfiggerci!; Quella strana creatura ci ha dichiarato guerra!;Ti distruggerò!). La serie, Monster Allergy anch'essa tutta italiana a dispetto del titolo, nata dalla collaborazione tra il già citato colosso italiano dei cartoons Rainbow, Rai, ZDF e Disney Channel[54]. col suo protagonista Zick, antieroe bambino alle prese con una numerosa serie di allergie, sempre con uno spray medicinale in mano, dotato di superpoteri come domatore di mostri, presenta un interssante recupero della voce narrante che riassume l’argomento della puntata e introduce coerentemente l’argomento della puntata successiva, in modo da marcare con forza la serialità caratteristica di questo tipo di testualità narrativa tutta tesa a creare un rapporto di fidelizzazione e di continuità col suo pubblico[55].
CM.215 VOCE NARRANTE: l’invisibile mondo dei mostri è stato stravolto dall’arrivo di Elena / la nuova amica di Zick / il gatto Timothy vede in lei una minaccia e vuole tenerla alla larga / nel frattempo un’enorme pianta digerente incombe su Oldmill Village / ma lo scopriremo nella prossima mostruosa avventura
Peculiare l'ampio uso di tecnicismi spinti, e lessico legato all'area semantica delle entità fantasmatiche, dei mostri, degli strumenti tecnologici atti a distruggere
MAGNACAT: abbiamo perso alcune battaglie / ma ora grazie all’avvoltoio vinceremo la guerra con un attacco dal cielo. Il dirigibile con il suo carico di spettri neri è pronto a invadere la Città Sospesa / l’energia negativa delle creature funziona come propulsore e la loro materia ectoplasmica alimenta il cannone / gli abitanti della città dei mostri rimarranno a dir poco sorpresi /ah ah ah
All'interno di una precisa caratterizzazione socio-stilistica, Bombo, il mostro buono, si esprime con stile esitante e con i tratti di un foreigner talk ben caratterizzato con assenza di forme verbali flesse, ripetizioni, assenza di articoli e preposizioni.
BO.47 BOMBO: tu scelto me perché in gamba?
GE.127 BOMBO: noi andare a salvare Bibbur- Si
Distante dalla medietà di queste serie, l'anime di successo Dragon Ball Gt. in onda sui canali Mediaset dal 1999, che ha come protagonista il piccolo forzutisssimo Goku che cerca insieme alla piccola Bulba le sette sfere del drago in grado di esaudire i desideri, è stato denunciato dalle associazioni dei genitori per le scene di violenza e tuttavia, grazie a un'accorta opera di merchandising, il cartone gode tuttora di ininterrotto successo. Come altri cartoni animati giapponesi, presenta un lessico complesso e strutture tematiche di difficile decodificazione da parte dei più piccoli.
MAJ: una stella nera / che significa?
SOBA: non vorrei sbagliarmi ma ricordo che le stelle erano rosse
PILAF: e:satto! ma l’aspetto non è l’unica cosa che le differenzia dalle altre / sa:pete molto probabilmente si tratta delle Sfere che l’antico Supremo della Terra creò / prima che la sua parte malvagia si staccasse da lui / non trovate che siano fantastiche?
PILAF: insomma queste Sfere furono create prima che la forza del precedente Supremo venisse divisa in due parti / quando cioè era ancora un unico essere e i suoi poteri avevano la massima intensità[56]
Tali strutture frasali e tale lessico rappresentano per i bambini un modello prestigioso e imitabile anche se a livello di items inanalizzati. Da un punto di vista morfologico le strutture mostrano un grande rispetto della norma soprattutto per quanto riguarda gli usi verbali:
DENDE: questa stanza è stata creata appositamente per loro ma mi pare che adesso stiano esagerando!
GOKU: ci vediamo:/ sapete è parecchio che non mi faccio più vivo a casa / non vorrei che Chichi si arrabbiasse troppo con me
Anche in questa serie la presenza del narratore rompe la circolarità e la ripetitività del setting
NARRATORE: Pilaf e i suoi perfidi scagnozzi sono tornati nuovamente all’attacco / dopo essere riusciti a trovare una serie nuova di Sfere del Drago custodita per anni all’interno del palazzo del Supremo/ hanno invocato Scenron / ma purtroppo con un desiderio sbagliato hanno fatto tornare Goku bambino / per la sua famiglia e specialmente per Chichi questo è un colpo durissimo / ma Goku invece non sembra affatto contrariato all’idea di essere di nuovo piccolo / se non che…
La caratterizazione socio-stilistica è curata:
SEGRETARIA: mi scusi le ricordo gli appuntamenti di quest’oggi / alle quattordici incontro con gli azionisti / alle quindici riunione con i progettisti / dalle diciotto alle venti ha promesso di rilasciare qualche intervista ai principali quotidiani / per finire a partire dalle ventuno vi sarà il party con clienti presso il Satan Club
così come nella serie Le superchicche[57], icone trasversali della neo-sat tv generation[58], supereroine un po’ speciali, nate da un errore dell’ingegnere genetico Utonium, che sognava di dar vita a una bambina perfetta con ingredienti come “zucchero, cannella e ogni cosa bella” e invece a causa di un “chemical x” ha prodotto le tre eroine volanti, dotate di superpoteri “deboli” (Lolly sputa fuoco o ghiaccio, Dolly parla tutte le lingue, comprese quelle degli animali e Molly vola ed è forte come le sorelle ma non ha poteri speciali, solo qualche difetto caratteriale),.che devono salvare la città dagli attentati della scimmia-scienziato pazzo Mojo Jojo e combattere contro la Banda dei verdastri o gli Ameba Boys[59]. Antieroiche, hanno una serie di doti negative che innescano meccanismi simpatetici e non di identificazione “superomistica”. Queste nuove icone per i bambini tra i quattro e gli otto anni, sono dotate di significativi segni identificativi sul versante visivo-iconico. Il segno grafico che le contraddistingue è forte, deciso, ipercaratterizzato, hanno occhi enormi, parti del corpo sproporzionate che mettono in evidenza solo le caratteristiche identificative del personaggio, sono esseri umani in qualche modo “animalizzati”, assomigliano infatti a mosche o altri insetti volanti, curiosi e laboriosi, all’opposto del genere disneyano.
Interessante osservare che il codice verbale adoperato somiglia a quello visivo per le caratteristiche di salienza ed enfasi sopra indicate. con un codice espressivo ridotto da un punto di vista lessicale, semplificato da un punto di vista morfosintattico, ellittico e franto, talvolta spezzato, ripetitivo da un punto di vista pragmalinguistico.
Da un punto di vista lessicale e fraseologico è possibile osservare che sono poco presenti fenomeni del baby talk, pochissimo usati i diminutivi, ma in discreto numero gli accrescitivi e le forme elative:
4/2LS. 93. M. J.: benvenuti alla supersvendita esplosiva/nel giardino di Moyo Jojo / dove ogni cosa dovrà sparire e i prezzi super ultra convenienti garantiscono…
Interessanti sono i giri frastici ripetitivi, altamente emotivi, ridondanti che connotano alcuni personaggi in momenti di tensione:
1/3DV 352. M.: io stavo lì che le salutavo/io stavo lì che le salutavo / e loro sono partite (h) e io stavo lì che le salutavo e loro/ sono partite/
Sovente sono presenti anglismi non chiari dovuti a calco linguistico, residui del processo di traduzione e doppiaggio come il caso dell’aggettivo inconsistente (inconsistent) detto di una indagine al posto di un più appropriato infruttuosa:
1/2D. G. Conosciuto il lato positivo della medaglia /decisi di scovare le persone che le conoscevano professionalmente / ma ciò si dimostrò inconsistente
Gli usi verbali non presentano molti processi di semplificazione. Particolarmente resistente si mostra l’uso del congiuntivo
1/1 S.85. AG: Credevo che fossimo degli insulsi criminali e che / non voleste più vederci
Lo stile comunicativo del Professor Utonium è ben tratteggiato e mostra un alto tasso di aderenza alla norma e un uso sapiente, semplificato del tecnicismo che dovrebbe caratterizzare le sue battute dialogiche:
1/1 S.78 P:U:: gli ameba boys / supponiamo che nel tentativo di commettere un crimine siano stati nel parco vicino ad un cartello che dice / non calpestare il prato / e che all’improvviso sia scoppiata una tempesta / e loro abbiano passato la notte sotto la pioggia e/ si siano raffreddati / quel raffreddore / a contatto con l’unica cellula che costituisce la loro anatomia/ potrebbe aver creato un nuovo virus / naturalmente è solo un’ipotesi / ragazza dovete trovare gli ameba boys/ solo loro possono fornirci l’antidoto
Anche i “cattivi” si esprimono in modo non distante dalla norma, anche se spesso i loro costrutti frasali sono più brevi e talvolta ellittici, con turni spezzati e sovrapposti.
2/2 SS
53. CF: i centauri del fato hanno fame
54 C: mangia la gustosa cassetta della posta
55 M: Mangia la gustosa spazzatura
56 CF: mangia la gustosa macchina
Come in altri cartoni per l’età scolare ciascun episodio viene introdotto e concluso da una voce narrante che si esprime in modo aderente alla norma e che in questo caso, ha un tono ironico e divertito:
1/1 S. VN: Ameba boys / siete proprio degli sciocchi/ ma vi vogliamo bene comunque perché / ancora una volta la giornata è salva e tutto grazie alle Superchicche
A fronte di una discreta complessità narrativa dei cartoni citati, sta il minimalismo comico della serie americana di grande successo, SpongeBob Square Pants, in onda in Italia nel 2005, 2006, tutt'oggi replicata in loop dai canali satellitari [60] e da Italia 1 in seguito[61]. Il protagonista assolutamente antieroico, una spugna che assomiglia allo sfortunato e goffo paperino Disney, che vive negli abissi marini, dove è stato ricreato un microcosmo in tutto simile alla provincia americana più sonnolenta e apatica, fa il cuoco nel ristorante di Mr. Krab e deve far fronte a mille piccole disavventure quotidiane. Questo cartone tutto improntato a una testualità comica di stampo classico presenta uno stile comunicativo semplice, poco articolato, non sempre efficace, ma non distante dallo standard normativo quanto a costrutti frasali e usi morfosintattici.
Da un punto di vista lessicale, è possibile notare un discreto numero di anglismi e traduzioni, talvolta approssimative, dall’angloamericano, come l’uso di rituale per l’inglese ritual che indica azioni o procedure comuni e non particolari nell’esempio che segue:
SpongeBob: Stavamo facendo un rituale per attirare nuovi clienti e per farlo funzionare bisognava farsi/ molto male (13 settembre 2005)
o ancora, la resa della causale:
SpongeBob: ti faccio i complimenti per essere in anticipo (15/ 09/ 2005)
o l’ormai topico uso di sapere il tuo nome al posto di sapere come ti chiami
Signora Puff: Vogliamo solo sapere il tuo nome (21/09/2005)
o ancora la traduzione parziale della locuzione italiana tornare coi piedi per terra resa con torna coi piedi sul pavimento
Mister Krab: Su/ torna coi piedi sul pavimento ragazzo (13/09/2005)
Non stupiscono l'alto tasso di colloquialismi:
Mister Krab: salve ragazzi! Ci spanciamo?(28/09/2005).
e l'elevato numero di usi fraseologici:
Plankton: coraggio mangia la mia polvere [xxx] Krab! (14/10/2005)
Squiddi: oh/ cosa dice? è impazzito? le ‘tovagliette’? si è forse bevuto il cervello?(4/10/2005)
SpongeBob: ho il piacere di comunicarvi che l’interruttore della festa è finalmente sulla posizione acceso / la festa sta andando alla grande (16/09/2005)
Pesce 1: volete darvi una mossa? (19/09/2005)
SpongeBob: ora direi di ritornare in carreggiata/(16/09/2005)
Piuttosto basso è, invece, il tasso disfemico, anche se alcune minacce risultano particolarmente colorite:
mister krab: questa che vedete è una vernice assolutamente indelebile / quindi non la si toglie in nessun modo / i vostri fondoschiena verranno ritagliati e appesi su due belle cornici sopra il mio caminetto!(13/09/2005).
Poco rilevante il numero di tecnicismi, confronto a cartoni come quelli esaminati in precedenza, e quasi sempre tali termini sono usati con sfumature ironiche. Da osservare nell’esempio che segue l’uso di paramedici insieme allo pseudo tecnicismo allertare rende il contesto frasale ironico ma innaturale:
Squiddi: devo per caso allertare i paramedici?(27/09/2005)
Spesso presente la formularità tradotta tipica del linguaggio sportivo:
Speaker: Sono partiti / gente ... il numero sei Suellie si allontana fulmineo dalla linea di partenza / lasciando al palo gli altri due concorrenti (27/09/2005)
Non viene per niente spiegata, per esempio, la differenza nel sistema di valutazione dei compiti degli alunni delle scuole elementari americane che si basa su un sistema di stellette al posto dei voti o dei giudizi. Rimane pertanto un rimando non chiosato al sistema di valutazione americano (stars) che viene spiegato solo attraverso il codice visivo:
SpongeBob: Frequenza/ calligrafia di base del banco/ igiene avanzata del banco/ adesso aggiungo il tuo nome/ così anche tu comincerai a collezionare stelle/ ecco fatto
Patrick: Ma guarda quante stelle hai già collezionato/ amico/ io non sarò mai così bravo
Da un punto di vista morfosintattico, sono presenti tutti i tratti di messa in rilievo del nucleo informativo, con una certa preferenza per i costrutti con dislocazione a destra:
Mister Krab: in effetti/ non me lo ricordo assolutamente questo quadro (13/09/2005).
Un interessante tratto di parlato contemporaneo è l’uso non futurale del futuro, in particolare il futuro epistemico, con cui si esprimono congetture e inferenze sul presente o il passato[62].
Fuori campo: la storia del ‘Krusty Krab’ è la storia di un uomo e del suo lavoro / della sua perseveranza/ del suo intuito/ della sua determinazione / voi penserete / Mister Eugine [xxx] Krab proprietario e fondatore del ‘Krasty Krab S.p.A.’ sarà il mago della finanza che è oggi
Mister Krab Junior: a la la la
Fuori campo: E avete ragione// Dopo la guerra Krab cadde in preda ad una profonda depressione che sembrava infinita/ ma poi la sua fortuna cambiò quando acquisì una casa di riposo in bancarotta e con qualche piccola modifica/ diede vita al ‘Krasty Krab’ (14/09/2005)
Qualche caso di ridondanza pronominale:
Squiddi: Dammi retta/ non ti devi disturbare a presentarti domani (27/09/2005)
Il tenore stilistico della voce fuori campo che funge da narratore/commentatore è, così come in altri cartoni presi in esame, più normativo del resto del testo, tuttavia, in questo caso è presente una forte componente di ironia
Fuori campo: e ora tu / l’umile dipendente venuto dalla strada / fondamentale risorsa umana che mantiene a galla gli affari/ imparerai sacri e oscuri segreti per preparare/ con le tue stesse mani / il più sontuoso / il più appetitoso / sconvolgente e appassionante piacere della vita che è il ‘Krabby Patty’! sei pronto? (13/09/2005)
rafforzata da buffi neologismi
Mister Krab: mi pare più uno ‘spaventaragazze’/ e poi ha soltanto due posti
Patrick: ma se lei va via adesso/ lei si perde/ il ‘rubamutande’(28/09/2005)
e scoppiettanti gag verbali tra Spongebob e il suo antagonista Mr. Krab ricordano quelle delle coppie comiche del cinema americano come Stanlio e Ollio.
6.3. Serie animate per “grandi”
Nei cartoni animati destinati a un pubblico adulto ma graditi anche ai più piccoli, l’attività di decodifica dei messaggi sia espliciti che impliciti è ovviamente più complessa. Temi trattati e usi linguistici presuppongono infatti un target quanto meno giovanile e non sicuramente infantile, considerato l’alto tasso di allusioni, di intertestualità, di trattazione di tematiche complesse e registri linguistici multipli. Inoltre, le serie selezionate per l’analisi sono tutte di origine americana, in quanto non vi sono ancora produzioni italiane,con tutti i problemi relativi al doppiaggio. I Simpson, serie popolarissima ormai da un ventennio, creata da Matt Groening negli anni Ottanta, ambientata nella cittadina statunitense di Springfield e che narra in modo satirico e anticonvenzionale le vicende di una famiglia media americana, rappresenta un prototipo interessante e modellizzante da un punto di vista linguistico, nonché il caso più significativo di fruizione trasversale di un prodotto televisivo[63].
A livello morfosintattico, come diretta conseguenza della natura di lingua doppiata, nel campione non sono presenti tutti i tratti dell’italiano dell’uso medio. Fa eccezione, per la necessità di riprodurre l’uso grammaticale inglese, il settore pronominale che presenta le forme lui, lei, loro in funzione di soggetto. Le forme pronominali di terza persona sono più spesso sostituite nella traduzione da nomi pieni o sinonimi. Anche i fenomeni di sintassi marcata mostrano una frequenza medio-bassa (più frequenti le dislocazioni a destra):
H. lo posso risolvere io l’enigma (1/09/2006).
Poche le dislocazioni a sinistra, mentre, in linea col costrutto inglese there is/ there are è ampiamente attestato il c’è presentativo. Discreta anche la frequenza delle frasi scisse, mentre sono pochi i che polivalenti. Il sistema verbale si mostra vicino alla norma[64] senza differenze tra i personaggi delle serie, mentre il livello stilistico-lessicale risulta variato e atto a connotare le peculiarità di ogni personaggio. Il padre, Homer, distratto, egoista, poco colto usa di espressioni di stereotipate e moltissimi termini ed espressioni colloquiali (sganciare, fregarsene, spifferare, cavarsela, rimorchiare, incacchiarsi, essere fico/ sbronzo, come ti butta?). Il parlato ‘domestico’ di Marge, esemplare madre di famiglia[65] è curato, con pochi espressivismi (caspiterina! è l'esclamazione preferita) e con qualche termine ricercato
Marge: o papi / sono fiera di te / ti sei schierato in difesa del diritto di esprimere l’amore nella sua forma più ampia / un contratto legale vincolante! (18/06/2006)
La bambina-prodigio, Lisa, fa sfoggio di enunciati ben costruiti e termini selezionati
Lisa: no pa’ / voglio scendere! questa ruota è lurida e queste cinghie in acciaio mi stanno segando! (SIM, 15/09/2006)
Il piccolo Bart, pecora nera della famiglia, mima invece il parlato dell’adolescente medio con espressivismi come cacchiarola! figo! o la celebre locuzione ciucciati il calzino! e altri moduli tipici del parlato giovanile.
La serie di cartoni per adulti che ha maggior debiti nei confronti de I Simpson è rappresentata da I Griffin. [66] Ancora una volta i protagonisti della serie sono la dissacrante rappresentazione della famiglia media americana con il “valore aggiunto” del diabolico neonato, Stewie che tenta in tutti i modi di liberarsi dalla madre, e del cane parlante Brian, coscienza del gruppo, posato, razionale e alcolista.
Ancor più dissacrante e scabrosa è la serie animata South Park che ha come protagonisti quattro ragazzini terribili. La serie è stata spesso sotto inchiesta a causa dell’uso smodato della violenza e del turpiloquio e dei temi delicati che affronta, come l’omosessualità o l’eutanasia e rimane tuttavia un prodotto cult per i giovanissimi col suo segno grafico trasgressivo rispetto alla tradizione dei cartoons, il suo tenore stilistico substandard e disfemico.
7. Stereotipi, innovazioni e modelli linguistici della tv per bambini oggi.
Tra il polo “politically correct” delle trasmissioni con mediatore di contenuti e quello “incorrect” di alcune serie animate per adulti sta il nodo cruciale del rapporto tra modelli proposti da chi scrive i programmi, in bilico tra stereotipo e invenzione, e processi di ricezione e assimilazione di tali modelli da parte dei giovani telespettatori. Nel bene e nel male, infatti, la tv fornisce un input pragmalinguistico ampio e differenziato in grado di veicolare modelli alternativi rispetto a quelli delle letture scolastiche e non proposte ai bambini[67], importante per la strutturazione dell’universo percettivo-cognitivo con importanti differenze di input linguistico “in entrata” in rapporto agli stili cognitivi e a quelli di apprendimento[68].Da un punto di vista tipologico, grande influenza sembrano avere in tal senso i cartoni animati, fonte “distaccata” di orientamento pragmalinguistico per i più piccoli, i quali riproducono spesso modalità stilistiche e stereotipi pluricodice tratti da questa fonte.
Ciascun programma fra quelli presi in esame mostra ovviamente una diversa organizzazione testuale, sia in rapporto all’interazione di codici espressivi in gioco (da un massimo di componente verbale e musicale nell’Albero Azzurro o Melevisione, a un massimo di componente visiva e musicale in cartoni come Le superchicche), sia in rapporto al nucleo narrativo di partenza. In questo caso il maggior legame con la struttura narrativa tradizionale lo mostrano cartoni italiani come Winx Club e Monster Allergy che hanno una voce narrante in apertura e in chiusura e anche una “morale della favola”.
In linea generale, da un punto di vista morfosintattico, programmi e dei cartoni animati per la prima infanzia, mostrano, come si è visto, un discreto tasso di adesione alla norma almeno nelle intenzioni comunicative del mittente. Pertanto ogni scarto rispetto allo standard in questo tipo di testualità avrà un peso specifico maggiore nella misurazione delle linee di tendenza e dei processi di innovazione dell’italiano contemporaneo. Qualche riflesso dei processi di semplificazione in atto nel sistema verbale si registra oggi, per esempio, in trasmissioni attente all’aspetto linguistico soprattutto in costrutti con usi multifunzionali dell’imperfetto:
Nemo: prevedevo che Dodò sarebbe tornato a chiederci scusa / pensavo che aveva capito di essersi comportato male e invece ... [69]
Il repertorio lessicale delle trasmissioni esplicitamente dedicate alla prima infanzia, è di solito ricchissimo e in stretto rapporto col territorio della letteratura per l’infanzia - vuoi perché gli autori sono spesso scrittori per l’infanzia, vuoi perché per il segmento d’età della prima infanzia viene ancora rispettato un profondo intento pedagogico- mentre lessico e strutture morfologiche per l'età scolare si accostano sempre più a moduli e stilemi dei linguaggi giovanili. All'interno del circuito mediatico il segmento tv incide oggi meno sulle nuove forme di socializzazione fra i bambini. Il setting ormai consueto prevede che due o più bambini, tra i sette e i nove anni si riuniscono non solo per scambiarsi informazioni sull’uso avanzato dei videogiochi, ed eventualmente per aiutarsi a raggiungere livelli migliori di performance nel punteggio dei videogiochi stessi, ma, attraverso apposite porte a infrarossi, fanno dialogare i rispettivi videogiochi fra di loro e poi cercano risorse interattive sul web, cliccando sui siti del videogioco stesso. Risulta evidente come tutto ciò rappresenti un sistema pragmalinguisticamente assai complesso all’interno del quale codice scritto, codice parlato e codice trasmesso (perché è ovviamente la tv che attraverso spot o appositi format pubblicitari lunghi veicola l’intero sistema di promozione, vendita, informazioni e pubblicità del videogioco) si mescolano e si ibridano. Diventa così sempre più ricco ma privo di confini il sistema diamesico e diafasico della loro competenza linguistica e sarà sempre più difficile per i docenti insegnare ai bambini a riconoscere tali confini e a esprimersi in modo funzionalmente corretto.
In ogni caso il trend pragmalinguistico della tv per bambini mostra segnali di cambiamento, con effetti imprevedibili sui processi di acquisizione da parte dei bambini, i quali sono chiamati comunque a riflettere sui modelli linguistici proposti spesso in chiave comica da trasmissioni italiane cult come Quelli dell’intervallo e Hip Hop Urrà. Attraverso un sistema di citazioni intertestuali esplicite e richiami pubblicitari crossover, agganciati a un’accorta opera di merchandising, si realizza un complesso reticolo tra tv, videogioco, testi web, tv-fai-da-te-su-web, fumetti[70] e letteratura per ragazzi (il caso Geronimo Stilton dall'editoria a Rai due), con vari problemi connessi alla negoziabilità dei contenuti culturali e linguistici e alla circolarità tra contenuti tematici e linguistici appresi e contenuti prodotti e riprodotti[71].
Bibliografia
Alfieri G. - Contarino S. - Motta D. (2003), Interferenze fraseologiche nel doppiaggio televisivo: la lingua di ER e di Beautiful, in Sullam Calimani A. V. (a cura di) (2003), Italiano e inglese a confronto: problemi di interferenza linguistica, in Atti del Convegno di Venezia (12 - 13 aprile 2002), Firenze, Cesati, pp. 127-149.
Alfieri G. - Firrincieli F. (2003), L’italiano degli anni Novanta: parlato standard e stili di parlato trasmesso, in Marcato G. (a cura di) (2003), pp. 79-91.
Alfieri G. - Rapisarda M. (2006), La componente diatopica nella fiction “all’italiana” (1995-2006) tra rispecchiamento sociolinguistico e stilizzazione caratterizzante, in Atti del Convegno di Sappada-Plodn (3-7 luglio 2006), Padova, Unipress, pp. pp. 127-140.
ALFIERI G., (2006), La lingua della televisione, in Trifone P. (a cura di) (2006), Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, Roma, Carocci, 163-185.
ALFIERI G., MOTTA D. -RAPISARDA M., 2008 La fiction, in ALFIERI G. - BONOMI I. a cura di, 2008, pp. 235-339-
ALFIERI G. - BONOMI I. a cura di, Gli italiani del piccolo schermo, Firenze, Cesati, 2008,
ATZORI E. – BONOMI I. – TRAVISI, (2008) L'informazione, in: ALFIERI G. - BONOMI I. a cura di, Gli italiani del piccolo schermo, Firenze, Cesati, 2008, pp. 23- 96.
ANTONELLI G., 2007, L'italiano nella società della comunicazione, Bologna, Il mulino.
BANFI E.- SOBRERO A.(a cura di) 1992, Il linguaggio giovanile degli anni Novanta, Roma/Bari, Laterza.
BETTONI C.(2001), Imparare un’altra lingua, Roma/Bari, Laterza.
Bozzone Costa R. (1991), Tratti substandard nel parlato colloquiale, in Lavinio C. - Sobrero A. A. (a cura di) (1991), La lingua degli studenti universitari, Firenze, La Nuova Italia, pp. 123-163.
Brincat G. (2000), Il doppiaggio dei telefilm americani: una varietà tradotta dall’italiano parlato-recitato?, in AA.VV. (2000), L’italiano oltre frontiera, Leuven University Press, Firenze, Franco Cesati Editore, pp. 245-258.
BRUNER J., 2003, La mente a più dimensioni, Roma/Bari, Laterza.
BUSINARO C.- SANTANGELI S:- URSINI F. (2006), Parole rosa, parole azzurre. Bambini, bambine e pubblicità televisiva, Padova, CLEUP.
Cadamuro a. 2004, Stili cognitivi e stili di apprendimento, Roma, Carocci.
calvino I. (2002), Mondo scritto e mondo non scritto, Milano, Mondadori.
Canevaro A. (1994), Da dove è partito l’Albero Azzurro, in Farnè R. - Gherardi V. (a cura di) (1994), All’ombra di un Albero Azzurro, Bologna, CLUEB, pp. 11-17.
CARDONA G: R: (1983), Culture dell’oralità e culture della scrittura, in ASOR ROSA A., Letteratura italiana. Vol 2. Produzione e consumo, Torino, Einaudi, pp. 25-102.
Cartago C. (1994), L’apporto inglese, in Serianni L. - Trifone P. (a cura di) (1994), vol. III, pp. 721-50.
Castellani L. (2002), La TV dell’anno zero. Linguaggio e generi televisivi in Italia (1954-2002), Roma, Edizioni Studium.
CAVIEZEL G. (2004), La tv dei ragazzi ieri e oggi, in SARDO R:- CENTORRINO M:- CAVIEZEL, (2004), pp. 31-62.
Centorrino M. (2006), La rivoluzione satellitare. Come Sky ha cambiato la televisione italiana, Milano, Franco Angeli.
Coggi C. (a cura di) (2003), Valutare la Tv per i bambini, Milano, Franco Angeli.
CONDRY J: (1994), Ladra di tempo, serva infedele, in POPPER K- CONDRY J., 1994, pp. 27-50.
COOGAN P.M. (2002), The Secret Origin of the Superhero. http//muse.jhu.edu/05/05/06
Cortelazzo M. (1994), “Il parlato giovanile”, in: Serianni L.-Trifone P., 1994, pp. 291-317.
Cortelazzo M. (2000), Italiano d’oggi, Padova, Esedra.
Coveri L. (1988), Lingua ed età, in Holtus G- MetzeltinM.- Schmitt C. (eds.) (1988) Lexicon der Romanistichen Linguistik, pp.231-236.
D’Amato M. (1997), Bambini e Tv, Milano, Il Saggiatore.
Dardano M. (1991), L’influsso dell’inglese sull’italiano d’oggi, in «Terminologie et traduction», pp.145-161.,
De Domenico F. - Gavrila M. - Preta A. (a cura di) (2002), Quella deficiente della tv, Milano, Franco Angeli.
Dorfles P. (1998), Carosello, Bologna, Il Mulino.
Dulay H. C. - Burt M.K. - Krashen S. (1985), La lingua seconda, Bologna, Il Mulino.
ELLIOT A., 1981, Child Language, Cambridge, Cambridge University Press
ELLIS R. L. (1994), The Study of Second Language Acquisition, Oxford, Oxford University Press.
Eurispes - Telefono Azzurro (2003), 4° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Farné R. (2003), Buona maestra tv. La RAI e l’educazione da Non è mai troppo tardi a Quark, Roma, Carocci.
FARNÈ R.- GHERARDI V. ( a cura di), 1994, All’ombra di un Albero Azzurro, Bologna, CLUEB.
Ferro P. (2004), Cartoni “per piccoli” e cartoni “per grandi”, in Sardo R. - Centorrino M. - Caviezel G. (2004), pp. 130-144.
FERRO P. – CATINELLA C., 2001, Anche i cartoni servono, in «Italiano e Oltre», n.5, 2001, pp. 292-97
FERRO P. – SARDO R., La tv per ragazzi, in Alfieri Gabriella - Bonomi Ilaria, a cura di, Gli italiani del piccolo schermo, Firenze, Cesati, 2008.
FIRRITO F, 2007, Immaginario, coscienza autoriale giovanile e costruzione di nuovi format, pp. 256-
FLETCHER P.- MAC WHINNEY B., 1995, The handbook of child Language, Cambridge Mass., Blackwell
GASS S. M. (1997), Input, interaction and the second language learner, Mahwah (N. J.), Erlbaum.
GIANNATELLI R:- RIVOLTELLA P.C.,(1994) Teleduchiamo.Linee per un uso didattico della televisione, Leuman (To), Elledicì
GILIOLI A.- PONTONIERE P: (2007), La tv adesso sei tu, in «L’Espresso», n.28, a.LII, 19 luglio 2007. pp.32-37.
GIOVANARDI C: (2006),Quando parlare non basta ma scrivere è un problema, in MARCATO G: (a cura di)2006, Giovani, lingua e dialetto, Padova, Unipress, pp.395-410.
GIOVAGNOLI M., 2005, Fare crossmedia, Roma, Audino
GIOVAGNOLI M., 2009, Cross-media. Le nuove narrazioni, Milano, Apogeo
Giusti M. (1993), Dizionario dei cartoni animati, Milano, Vallardi.
Goffman E. (1987), Forme del parlare, Bologna, Il Mulino.
Grasso A. - Scaglioni M. (2003), Che cos’è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società: i generi, l’industria, il pubblico, Milano, Garzanti.
Grignaffini G. (2004), I generi televisivi, Roma, Carocci.
GRINDER M. (1991),Righting The Educational Conveyor Belt, Portland, Metamorphous Press.
GUIDOTTI A. - MAURONI E., La divulgazione scientifico-culturale, in ALFIERI g.,- BONOMI I.,(a cura di), 2008, pp. 97-166.
HOLZMAN M., The language of Children. Evolution and Development of secondary consciousness and language, Cambridge Mass, Blackwell.
IRWIN W- CONRAD M.- SKOBLE A: (2001), I Simpson e la filosofia, Milano, ISBN.
IRWIN W.- LOMBARDO G. (2001), I Simpson e l’allusione. Il peggior saggio, in: IRWIN W- CONRAD M.- SKOBLE A: (2001), pp. 93-105.
KNIGHT D., (2001), La parodia popolare: I Simpson il film giallo,in: IRWIN W- CONRAD M.- SKOBLE A: (2001), pp. 107-123.
LOSI S. (2005), La televisione buona maestra d’italiano?, in «Lid’O»n.II, 2005, pp. 269-279.
Lussato B. (1989), I bambini e il video, Milano, Vallardi.
Marcato G. (a cura di) (2003), Italiano. Strana lingua?, in Atti del Convegno Sappada-Plodn (3-7 luglio 2002), Padova, Unipress.
MARCONI et ALII (1994), Lessico elementare. Dati statistici sull’italiano scritto e letto dai bambini delle elementari, Bologna, Zanichelli.
MATHESON K: (2001), I Simpson. L’iperironia e il significato della vita, in: IRWIN W- CONRAD M.- SKOBLE A: (2001), pp. 107-123.
MCLUHAN M. (1964 prima ed.) (2002), Gli strumenti del comunicare, Milano, Net.
MICHNICK GOLINKOFF R., HIRSCH- PASEK K., 1999, Il bambino impara a parlare. L’acquisizione del linguaggio nei primi anni di vita, Milano, Raffaello Cortina
Morcellini M., (1999) La tv fa bene ai bambini, Roma, Meltemi
Morgana S. (2003), La lingua del fumetto, in Bonomi I. - Masini A. - Morgana S. (a cura di) (2003), pp. 165-198.
Nacci L. (2003), La lingua della televisione, Bonomi I. - Masini A. - Morgana S. (a cura di) (2003), pp. 67-92.
NENCIONI G., 1983, Parlato-parlato, parlato scritto, parlato recitato, in: Di scritto e di parlato: Discorsi linguistici, Bologna, Zanichelli.
ONG W. J. (1992), Orality and Literacy. The technologizing of the word, London, Routledge.
Palmer E. L. - MacNeal M. (1991), Children’s comprehension processes: from Piaget to public policy, in Bryant J. - Zillmann D. (1991), Responding to the Screen: reception and reaction processes, New York, Lawrence Erlbaum Associates, pp.
PESCE A., 2002, Una lingua per l’infanzia, in «Quaderni dell’Osservatorio linguistico», vol.1, pp.293-315.
Pienemann M. (1998), Language processing and second language development, Amsterdam, Benjamins.
PITZORNO B., (1996), Scrivere di bambini e per bambini, in SERAFINI A.M(1996), Come si scrive un romanzo, Milano, Bompiani, pp. 123-140.
POPPER K. (1994), Una patente per fare tv,in POPPER K.- CONDRY J. (1994)pp.13-26.
POPPER K.- CONDRY J. (1994), Cattiva maestra televisione, Milano, Reset.
Puggelli F. R. (2002), Spot generation. I bambini e la pubblicità, Milano, Franco Angeli.
RODARI G. (1974), Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Einaudi.
Sabatini F. (1982), La comunicazione orale, scritta e trasmessa: la diversità del mezzo, della lingua e delle funzioni, in AA.VV. (1982), Educazione linguistica nella scuola superiore, Roma, Provincia di Roma - Istituto di Psicologia del CNR, pp. 103-127.
Sardo R. - Centorrino M. - Caviezel G. (2004), Dall’«Albero azzurro» a «Zelig»: modelli e linguaggi della tv vista dai bambini, Soveria Mannelli, Rubbettino.
Sardo R. (2004), «Il discorso costruito per bambini» in: Sardo R. - Centorrino M. - Caviezel G. (2004), pp.63-144.
Sardo R. (2006), Scritture e scrittori per l’infanzia,in costruito,«La rivista»,pp.67-74.
SARDO R. – CENTORRINO M., a cura di, 2007, Dall’antenna alla parabola: modelli di ricezione e fruizione della tv per ragazzi oggi, Roma-Acireale, Bonanno.
SARDO, ROSARIA (2007), “Il bambino multimediale e la tv” in SARDO, R:– CENTORRINO, M., (a cura di) 2007, pp. 9-24.
SAVOIA L., 1985, Grammatica e pragmatica del linguaggio bambinesco, Bologna, CLUEB.
Simone R. (1987), Specchio delle mie lingue, «Italiano e Oltre», 2, pp. 53-59.
SIMONE R., 2001, Le “Tesi” per il 2000, in <>, anno XVI, 2001, supplemento al n. 5.
SIMONE R.,2000, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Roma–Bari, Laterza.
Slobin D. I. (1985), The crosslinguistic Study of Language Acquisition, Hillsdale (N.J), Erlbaum.
Sobrero A. A. (a cura di) (1993), Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, Roma-Bari, Laterza, 2 voll.
STERNBERG R. J. (1998), Stili di pensiero. Differenze individuali nell’apprendimento e nella soluzione di problemi, Trento, Erikson.
STERNBERG R. J., 1997, Le tre intelligenze, Trento, Erikson.
Note
[¹] Se, come diceva Calvino, ogni discorso televisivo si configura come «discorso costruito» (CALVINO, 2002, p.118) i programmi per bambini che riflettono nelle loro strutture testuali e linguistiche ciò che gli adulti pensano debba esser detto ai bambini, è in qualche modo un discorso “doppiamente” costruito.
[2] Cfr. GRASSO A. 2002, pp. 779-781; GRASSO A.-SCAGLIONI M:, 2003, pp. 206-219.
[3] Con l’archetipo rappresentato dal programma cominciato nel 1958 Saltamartino, presentato da Lydia Ferro, con i pupazzi di Maria Perego, straordinaria creatrice dell’indimenticabile Topo Gigio. Nel programma c’era una rubrica di posta per i bambini che aveva come protagonista Pippo Cannocchiale un simpatico e beccuto uccello che abitava in una torretta di legno molto simile al Dodò dell’Albero Azzurro.
[4] Le cui registrazioni sono state del tutto cancellate poi dalle teche RAI, così come moltissimi dei programmi della tv dei ragazzi.
[5] Francesca, Claudio e Dodò. I personaggi aumenteranno di edizione in edizione, insieme a un sempre più forte
orientamento verso la fiction.
[6] Creata da Mela Cecchi, e Bruno Tognolini, già autori dell’ Albero Azzurro, e portata a un successo duraturo grazie
all’apporto di Mussi Bollini.
[7] CAVIEZEL 2004 p. 37.
[8] In particolare Bim Bum Bam è stato il punto di partenza del lungo viaggio delle serie più celebri di cartoni
animati giapponesi, “scoperti” e importati da Alessandra Valeri Manera con le sigle cantate da Cristina D'Avena.
[9] Condotto da Elisabetta Ferracini e Mauro Serio, contenitore pomeridiano per i più piccoli, in onda su Raiuno da
lunedì a venerdì alle 15, 45.
[10] CAVIEZEL 2004, p. 38.
[11] Con due nuovi tipi di flusso televisivo: uno più vicino al concetto tradizionale, denso, omogeneo, “lavico” e uno
innovativo, snello e veloce: “liquido”, se si segue la ormai classica definizione di Bauman 2006 sui valori della postmodernità (CENTORRINO 2006, pp. 216-242).
[12] Al canale 601 e 619 si trovano i contenuti De Agostini, in DeaKids e Deakids +1 (la sigla + 1sul satellite indica che gli stessi programmi del canale principale sono ripetuti un'ora dopo), per il momento solo cartoni animati di taglio tradizionale con un'attenzione particolare all'educational; al 602 e al 604 rispettivamente Nick junior e Nickelodeon del gruppo multinazionale con sede americana che propone oltre ai cartoni calibrati per fascia d'età nei due canali, con il cartone cult Spongebob,anche qualche fiction come Ned scuola di sopravvivenza, per il pubblico dei tweens;al 606 e 607 il già citato Cartoon network; al 608 e 609 Boomerang che propone cartoni tradizionali come quelli di Hanna e Barbera; al 610 Playhouse Disney e Playhouse Disney+1che oltre a tutti i cartoni del repertorio Disney vecchio e nuovo propongono qualche programma con mediatore di contenuti come Bocconcini;al 612 si colloca Disney Channel che nel tempo si è specializzato in fiction per ragazzi come Sleepover Club, Zack e Cody al grand Hotel, Raven, Lizzie Mcguire, Life Bites e Quelli dell'intervallo, che esamineremo in questa sede;al 613 Disney Channel+1; al 614 Toon Disney propone programmi più tradizionali con mediatore di contenuti come Art attack o cartoni italiani come Monster Allergy; al 615 Toon Disney +1; mentre al 616 casa Disney propone un canale divertente dedicato ai tweens che frequentano il web e le chat lines (non a caso ha annunciato che il canale si chiamerà xD dal famoso emoticon che indica un ampio sorriso divertito e noncurante, molto in voga negli scambi epistolari fra teen agers) con cartoni come Mr. Bean dal tipico humour anglosassone e I Fantagenitori, cartone cult che tratta in modo ironico la vita familiare; al 618 la Disney propone un canale dedicato allo studio dell'inglese; al 620 compare da poco Baby tv un canale “scandalo dedicato ai bimbi tra i dodici e i ventiquattro mesi con la promessa di contenuti controllati da un pool di esperti.
[13] Intitolavamo non a caso nel 2004 il nostro saggio: Dall’Albero Azzurro a Zelig: modelli e linguaggi della tv vista dai ragazzi (Sardo R.- Centorrino M.- Caviezel G., 2004). Dal lavoro analitico interdisciplinare condotto e dalla ricerca sul campo che precedeva quello studio avevamo individuato, infatti, uno shift notevole nei gusti televisivi dei giovanissimi che preferivano di gran lunga programmi comici “per tutti” rispetto a programmi interamente e sistematicamente concepiti per loro.
[14] All’interno di questo reticolo informativo mediatico il bambino si trova immerso fin dalla primissima infanzia e, ovviamente, subisce pressioni plurime sia sul sistema cognitivo in generale.
[17] Sulla negoziabilità dell'input lingustico da parte del bambino cfr. Bettoni 2000, p.52. Per tale problematica a livello linguistico cfr. Sardo 2004, pp. 63-69.
[19] Interessante a tal proposito l’opinione di una scrittrice per bambini, Bianca Pitzorno, che ha alle spalle una lunga esperienza di funzionaria RAI negli anni ’60 e ’70 e di autrice di programmi televisivi di successo per l’infanzia come Giocagiò o Dirodorlando ma anche l’Albero Azzurro degli esordi. (Pitzorno 1996 p. 132-133 ripresa in Sardo 2004, pp. 69-72).
URSINI-BUSINARO-SANTANGELO 2007 pp.207-216
[22] In particolare ci si riferisce ad Annalisa Liberi di Raitre.
[23] Per la scelta del corpus sono stati tenuti in considerazione anche i risultati di un’indagine sul campo di tipo sociologico e linguistico del gruppo di lavoro raccolto dal 2003 attorno al progetto di analisi dei linguaggi televisivi per ragazzi (Sardo, Centorrino, Caviezel 2004) atta a verificare gli effettivi gusti dei bambini in materia di scelte dei programmi, nonché alle ricadute linguistico-lessicali dell’esposizione massiccia all’input televisivo. Sono stati somministrati questionari a 1200 alunni dell’ultima classe della scuola materna, agli alunni di tutte le classi della scuola primaria e agli alunni della prima classe della scuola secondaria di primo grado
[24] Per ragioni relative al doppiaggio, già molto presente nei cartoni animati d'importazione, non sono state prese in considerazione realtà testuali importanti come quelle rappresentate dalla “fiction per preadolescenti” angloamericana (Sleepover Club e Lizze McGuire, Zack e Cody al Grand Hotel di Disney Channel). La serie di Quelli dell'intervallo,è prodotta dalla Disney Italia e presenta caratteristiche tematiche e linguistiche tipicamente italiane, con una sfumatura regionale marcatamente settentrionale nella connotazione fonologica e intonativa.
[25] Basti pensare alla sigla di Munari, ai testi di Gianni Rodari, Marcello Argilli, Teresa Buongiorno, Donatella Ziliotto, Bianca Pitzorno: il gotha della letteratura per ragazzi di allora.
[26] Fra le pochissime registrazioni di trasmissioni per bambini salvatesi dalla furia distruttiva della Rai esistono alcune puntate del Paese di Giocagiò, reperibili nelle teche Rai e in parte anche su Youtube.
[27] Tali trasmissioni tuttavia inserivano sempre i contenuti dell'altro archetipo televisivo per ragazzi, stavolta basato sui quiz, Chissà chi lo sa, in onda su Raiuno dal 1961 al 1973.
[28] Tale ruolo attivo nel processo di acquisizione della L1 è estremamente vivace e indipendente almeno fino ai quattro anni. Con l’ingresso nella scuola materna molti fattori cambiano, com’è noto, a partire dai primi contatti con il mondo della scrittura che generano processi cognitivi e metalinguistici diversi. Rodari osservava: «Non potremo mai cogliere il momento in cui il bambino, ascoltando una fiaba, si impadronisce per assorbimento di un determinato rapporto tra i termini del discorso, scopre l’uso di un modo verbale, la funzione di una preposizione ma mi sembra certo che la fiaba rappresenta per lui un abbondante rifornimento di informazioni sulla lingua. Del suo lavorio per capire la fiaba, fa parte il lavorio per capire le parole di cui consta, per stabilire tra loro analogie, per compiere deduzioni, allargare o restringere, precisare o correggere il campo di un significante, i confini di un sinonimo, la sfera d’influenza di un aggettivo». (Rodari 1973 p.149)
[29] La prima trasmissione che invita i bambini a scuotere i genitori la domenica mattina per uscire insieme e propone un ricco cartellone di appuntamenti culturali e ludici fuori casa.
[30] Per una panoramica sulla rivoluzione cognitiva generata dal contatto con il mondo alfabetico è necessario ovviamente ritornare a Mcluhan (1964) 2002, a Cardona 1983, a Nencioni 1983, Simone 2000, ma anche Menduni 2002
[31] Come Pitzorno, Piumini, Munari, Gostoli cui si affiancarono poi, con vari ruoli e ambiti d’intervento autoriale, Caviezel, Fariselli, Cecchi, Tognolini, Carli.
[32] Sigle che indicano i personaggi: B= Barbara; Bo=Boris il rospo; C= Crispino il riccio; D= Dodò; E= Empirio; F= Fusako; FA= Faber; G= Gigilla; N= Nemo; P= Paletta il castoro; PI= Pietro, R= Rodicchio il topo; Z= Zorba la zanzara.
[33] Sardo R., 2006, pp. 72-74.
[34] Sigle che indicano i personaggi: AZ= Genio Abù Zazà; BB= Balia Bea; CB= Cuoco Basilio; FG= Fata Gaia; FL= Fata Lina; GL= Gnomo Lampo; N= Nina; JC= Jolly Cembalo; L= Linfa; LL= Lupo Lucio; MC= Milo Cotogno; PG= Principe Giglio; PO= Principessa Odessa; O= Orchidea; OB= Orco Rubio; R= Ronfo; SS= Strega Salamandra; SV= Strega Varana; T= Tonio Cartonio; VV= Vermio VilibertoSi
[35] Cfr. nota 15.
[36] Oltre ai classici riferimenti alla letteratura scientifica relativa al parlato giovanile (per esempio, Coveri (1983 e 1988), Banfi E. e Sobrero A. (1992), Banfi (1994), Radke (1992 e 1993). D’Achille 2003 (p.186) segnala in dettaglio: gli accorciamenti e le retroformazioni, l’uso di sigle e acronimi, l’iperbole, anche antifrastica (mitico, bestiale, pazzesco, sei uno schianto!), il gioco di parole, gli ideofoni, locuzioni attinte dal linguaggio televisivo, espressioni come non ci posso credere!, non puoi capire! Non esiste proprio.
[38] Sull’influenza dell’inglese sull’italiano cfr. Dardano 1991, Cartago G.,1994. Per le influenze del parlato televisivo angloamericano sul parlato italiano cfr. Alfieri G.- Contarino S.-Motta D., 2003.
[39] Coveri (1983 e 1988), Banfi-Sobrero A (1992), Banfi (1994), Radtke (1992 e 1993), Antonelli 2007.
[40] Disney Club trasmissione dell’8 maggio 2004, in studio Chiara e Massi (trascrizione: 14' 09"). C.= Chiara, M.= Massi.
[41] Per un quadro approfondito, puntuale e aggiornato sulle peculiarità pragmalinguistiche dell'informazione televisiva cfr. ATZORI, BONOMI, TRAVISI 2008 e per il correlato panorama strutturale del parlato televisivo del genere divulgativo-scientifico-culturale cfr. GUIDOTTI, MAURONI 2008.
[42] Per un panorama completo delle strutture pragmalinguistiche e testuali della fiction televisiva cfr. Alfieri G.
[45] Quelli dell’intervallo, Seconda serie episodio “Il telecomando”, Disney Channel, dal 2008 distribuito in DVD da Walt Disney Studios Home Entertainment. Personaggi:Tinelli=T;Valentina=V; Nico=N.
[46] Tratta dai racconti di Waldemar Bonsels, coproduzione nippo-tedesca, la serie arrivò in Italia nel 1979 su Raiuno e l'anno dopo su Raidue e da allora è stata riproposta sia da Italia uno, sia oggi dai canali satellitari senza soluzione di continuità. La sua forza modellizzante, sulla base della lunga durata delle trasmissioni e sul successo ininterrotto dei suoi contenuti improntati a valori quali la solidarietà (l'amicizia tra la curiosa Ape maia e il suo amico pigro Willi e la saggia cavalletta Flip), la scoperta del mondo guidata da figure autorevoli (l'ape- maestra Cassandra) è dunque innegabile.
[47] Uno studio sistematico dei tratti linguistici e lessicali della serie, in relazione ad altre serie di successo per piccoli telespettatori si ritrova in FERRO- CATINELLA 2001 e FERRO 2004. Interessanti a tal proposito i confronti con la serie Pokemon
[48] Dal 1983 a oggi, la serie prodotta da Hanna&Barbera su testi del belga Peyo, conosce un successo ininterrotto non solo per la semplicità delle sue tematiche incentrate sulle avventure ecologista del piccolo popolo degli elfi blu, ma anche grazie ai suoi personaggi dai caratteri ben definiti e alle peculiarità di una lingua che insegna ai bambini i vantaggi della polisemia e della disambiguazione contestuale.
[49] Per un'analisi approfondita della serie cfr. FERRO- CATINELLA 2001 e FERRO 2004
[50] Per le serie di lunga durata più che indicare una data abbiamo sempre indicato il titolo e il numero dell'episodio, in questo caso il n.29, “ Una nuova vita”(durata: 22' 19")
[52] Sardo (in corso di stampa)
[53] Il presidente della Rainbow SpA è Don Lamberto Pigini che ha creato una realtà economica di grande consistenza nell’area intorno a Loreto, istituendo anche fondazioni benefiche e umanitarie collegate al progetto televisivo ed editoriale.
[54] Le puntate esaminate sono le prime cinque della serie, disponibili anche in edicola e continuamente mandate in onda sia su Raidue che su Sky. La prima puntata è: La casa dei mostri (CM), la seconda: Il baccello sotto Oldmill (BO), la terza: Gatto in pentola (GP), la quarta: Il mostro della porta accanto (MP), la quinta: L’ultimo domatore (UM). Non si fornirà, dunque la data della puntata negli esempi riportati.
[55] Per un'analisi dettagliata di questa e di altre serie recenti cfr. SARDO 2007, pp. 109-133.
[56] Gli esempi selezionati sono tratti dall' Episodio 1 – “Esistono altre sette Sfere del Drago”.
[57] Create da Craig Mc Cracken nel 1998, lanciate con successo negli Stati Uniti e in onda in Italia su Cartoon Network dal 2004. Il corpus ristretto è costituito da 5 episodi: 1/1 S = puntata 1, episodio 1 “Salute”; 1/2 D = episodio 2 “Documentario”; 1/3 DV = episodio 3 “Il demone della velocità”; 2/1 LG = puntata 2 episodio 1 “Il lago di ghiaccio”; 2/2 SS = episodio 2 “Superchicche superdolci”, ma è stato preso in considerazione qualche esempio significativo tratto dal corpus allargato: 2/3 QV= puntata 2 episodio 3 “Qualcosa non va”; 3/1 SI = “Sindaco con l’imbroglio”; 3/2 P = puntata 3 episodio 2 “parolacce”; 3/3 FN = puntata 3 episodio 3 “ Alla festa col nemico”; 4/1 I = puntata 4 episodio 1 “Insetticidio”; 4/2 LS = puntata 4 episodio 2 “La svendita”. Sigle dei personaggi: A= Amici; AG: Ameba Grosso, C= Coyote; CF= Centauro del Fato; D= Dolly; G= Giornalista; L= Lolly; M= Maestra;MA= Maiale; MO= Molly; M.J. Moyo Joyo; P= Pablo; P.U. Professor Utonium.
[58] Un panorama completo dell’offerta neo satellitare per bambini si ritrova in Centorrino 2006 pp. 217-242.
[60] Creata da Stephen Hillenburg, nasce nel 1999. Trasmessa negli USA e in Italia da Nickeldeon.
[61] dal 24 dicembre 2004, dal lunedì al venerdì alle 7,30, alle 14,00 e alle 19,30 si rivolge a un target ampio ovvero a bambini tra i 4 e i 14 anni.
[62] Nell’italiano parlato gli usi non futurali sono relativamente frequenti sull’insieme degli usi di futuro (all’incirca un terzo, su base a conteggi disponibili) e prevalgono nettamente tra i futuri anteriori. Cfr. M. Berretta, 1994, p. 260.
[63] In America I Simpson è attualmente la serie animata di punta della prima serata; in Italia è trasmessa, a intervalli, su Italia 1 e su Fox. Vincitrice di premi e riconoscimenti, ha fatto ampiamente discutere e il suo successo è testimoniato dalla proliferazione di serie animate rivolte a un pubblico adulto che è seguita a I Simpson come I Griffin
[64] Soprattutto nell'uso del congiuntivo(Homer Simpson: vuoi tu che io trascorra più tempo con papà?, SIM, 15 set 2006; Marge Simpson: ritengo che tu sia troppo piccola per indagare su un tentato omicidio, SIM, 1 set 2006)
[65] Uno studio approfondito del parlato dei Simpson si ritrova in FERRO-SARDO 2008, in: ALFIERI-BONOMI p. 432 e segg..
[66] Creata da Seth MacFarlane nel 1999, in onda sul network statunitense Fox. La messa in onda di questo cartone è stata sospesa nel 2002 ma è stata riproposta su altre reti come TBS e Cartoon Network e in DVD, riscuotendo un tale successo che la Fox dal 2005 ha ricominciato a produrre nuovi episodi (la quarta serie).
[67] Sul rapporto tra lessico di lettura e lessico di scrittura, ovvero sul rapporto tra competenza passiva e attiva in ambito lessicale, è interessante osservare che il lessico di scrittura dei bambini delle elementari è decisamente differenziato rispetto a quello loro proposto dalle letture dedicate a quel segmento d’età (testi scolastici, letteratura per l’infanzia, giornalini, fumetti). La tv pare essere il medium che fornisce l’input “differenziale”, Marconi et alii (1994: 34-36). Quanto alla teoria sugli stili di pensiero, cfr. Sternberg (1998).
[68] Sardo (in corso di stampa) e Cadamuro (2004). Sulle differenze di stili di pensiero, com'è noto, si erano già espressi Aristotele (Metafisica 980 A-B) e Platone (Fedro 250 C-D) ripresi da Simone 2000 pp. 4-5.
[69] Albero Azzurro IV serie 2003.
[70] A proposito delle differenze tra lessico per l’infanzia della letteratura per ragazzi, del fumetto e dei “sussidiari”, Marconi et alii 1994, osservano: “sorprendentemente si rileva che la percentuale del lessico di base coperta da ciascuno dei tre sottosettori è fortemente analoga (intorno all’87%), stando a questi dati, la lettura dei giornalini, dal punto di vista dell’arricchimento lessicale, sembrerebbe non essere da meno rispetto a quella di un libro di lettura, o, ancora più sorprendentemente, rispetto a un libro di testo” (1994: 37).
Nessun commento:
Posta un commento